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4/10/20 - XXVII Domenica t.o. anno A


Anche oggi, avendo tra noi Alessandro e Anita che danno inizio ad un nuovo rapporto con Gesù ricevendolo nella Comunione, è d'obbligo che subito mi rivolga a loro e ai loro amici di catechismo. Avete sentito come Gesù dica: "Ascoltate"! Noi cristiani siamo gente che lo ascolta! Parla di un uomo, ma in realtà dice di Dio e di se stesso che è anche uomo. Quest'uomo-Dio possedeva un terreno. Dio possiede tutta la terra e nelle sue mani è la vita di tutti, anche la nostra. Continua: piantò una vigna. Parola che ritorna per dire la cura, la dedizione che Dio ha per ognuno di noi. Una vigna, non un albero ornamentale. La vigna produce uva e dall'uva il vino che da sempre dice gioia, convivialità, festa. Anche voi siete stati messi al mondo per essere gioia con la vostra presenza, convivialità ogni domenica e voi oggi segnate l'inizio-festa e dove c'è un bambino che cresce è sempre una festa. Ma, dice Gesù, quella vigna si ammalò. La vigna è delicata. Anche per noi c'è una peronospera della pigrizia, della dimenticanza, del fare come fan tutti che ci fa diventare selvatici. I chicchi, che sono le nostre azioni, diventano acidi, tempestati, inselvatichiti.
È quando Gesù è estromesso dalla vita, cacciato fuori dalle nostre case, fatto morire per non sentirlo più, non frequentarlo più, non vivere più come Egli ci insegna: essere come cristiani la gioia del mondo. Facciamo un sogno. Passano 10 anni (o anche meno!). Sarete ancora uva buona, vino che fa amicizia e festa? Da soli non riuscireste. Avete bisogno di noi, dai genitori agli insegnanti, ai catechisti. Avete bisogno della nostra cura!

Ecco perché ricordo a noi tutti quanto Paolo raccomandava alla prima comunità cristiana, alla prima vigna della storia: quello che è nobile e non istintivo, giusto e non solo "mi piace", puro e non dunque egoistico, amabile e non acido, onorato e non bestiale, virtù e non pigrizia, merita lode, sia oggetto dei vostri pensieri formativi, educativi, esemplari. Si direbbe che per essere come il Vangelo ci chiede bisogna, se necessario, andar contro corrente, risalire alla sorgente; non fare della comunione una "cosa" ma un rapporto vissuto e condiviso.
Quanto Isaia mette in bocca a Dio circa il suo rapporto con quella vigna che siamo noi, deve impensierirci: "E ora, giudicate voi. Che cosa devo fare ancora per la mia vigna che io non abbia fatto?".
Non gente dal bicchiere mezzo vuoto, pronti a elencare quanto manca per giustificare il nostro disimpegno; almeno ora, di fronte a questi nuovi vitigni che Dio pianta nella nostra comunità, sentiamone la gioia, avvertiamo la responsabilità, non esponiamoci a tutti i virus che ci rendono arbusti inservibili. "Io sono la vite, dice Gesù, voi i tralci". E subito dopo: "senza di me non potete far nulla".

4/10/20

Letture: Is 5,1-7; Sal.79; Fil 4,6-9; Mt 21,33-43


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don Ezio Stermieri
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