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2/4/21 - Venerdì Santo - "in Passione Domini"


Noi, qui, siamo gli ultimi in ordine di tempo, ma non certo in riferimento alla fede, che rendono attuale la profezia di Gesù: quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me.
È il Padre stesso che ci attrae perché fedele all'alleanza ripetuta più volte nella storia con una umanità in continua fuga da Lui e, dispersa per le infinite croci disseminate dall'odio, dal rifiuto, dalla paura, conficca sulla nostra terra il segno dell'Alleanza definitiva. "Così Dio ha amato il mondo da dare il suo Figlio". Davanti alla Croce, a Gesù crocifisso possiamo affermare: così Dio ci ha amati.
Ci attrae il Figlio che, facendosi uomo, non ha imbroccato la strada del potere. Egli per primo rende visibile la beatitudine che ci ha lasciato come statuto del Regno che viene: beati i miti perché possederanno la terra.
Ci attrae e sospinge lo Spirito che sulla Croce Gesù ci lascia ("paredoken to pneuma"!) come forza per non implodere sotto le nostre croci e ci sprona nel compito di arrivare ad ogni uomo per portare il Vangelo che rende contemporaneo Gesù.
Siamo attratti e, a nome di ciascuno, ho impresso il bacio che non è di tradimento come quello di Giuda, non è di rinnegamento come fu per Pietro, non di fuga per la paura di condividere la stessa sorte come, da 20 secoli, i cristiani martiri, ma di gratitudine perché la via della salvezza percorsa da Gesù fino all'"ora" che segna il perché della sua venuta è stata quella di scendere negli abissi di una umanità ferita dal peccato, dolente nel corpo e nell'anima, schiacciata da poteri eretti a sistema, smarrita nelle tante solitudini, abbandoni, fallimenti, con la coscienza del morire nonostante nel cuore rimanga che Dio non può averci chiamato alla vita per farci morire.
Per questo abbiamo ascoltato Isaia che, parlando del Messia che verrà, lo dipinge con le stesse piaghe che nessuna superbia di un necessario progresso ha potuto lavare: dalle sue piaghe siamo stati guariti!
Abbiamo udito una pagina del primo catechismo dei cristiani, la lettera agli Ebrei, dove, a chiare lettere, ci ha detto che Cristo ci ha salvato perché, come ognuno è chiamato, si è fatto obbediente alla vita, ha imparato, per insegnarcelo, che Dio è più forte e la croce è tutt'uno con il risorgere, con la vita nuova, con il passaggio che la Pasqua garantisce.
Attratti dunque fino a fare una cosa sola con Lui come Egli l'ha fatta con noi, ascoltando il racconto della sua Passione siamo anche noi sotto la sua Croce portando la nostra croce di ogni giorno. Ma non siamo soli. C'è Maria alla quale ci affida in un rapporto di amore materno, il suo, filiale, il nostro. C'è Giovanni, il discepolo che Gesù amava, perché ognuno sappia di essere avvolto dall'amore Trinitario.
Il compito che parte dal Venerdì Santo lo desumiamo dall'ultimo atto del dramma: Gesù è sepolto in un Giardino, quel giardino, l'Eden, dove Dio ci aveva posti perché trasformiamo la terra, il vivere umano in un giardino e non rimanga un campo di battaglia per la roba.
Rigustare la bellezza della vita, fare dell'umanità che ci accomuna una fraternità che ci qualifica uomini amati dallo stesso Padre.
Per questo abbiamo allargato al mondo la nostra preghiera. Per questo, da poveri, stendiamo la mano perché il suo Corpo morto e risorto diventi la riserva di speranza per i nostri giorni.

2/4/21

Letture: Is 52,13-53,12; Sal.30; Eb 4,14-16;5,7-9; Gv 18,1-19,42


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don Ezio Stermieri
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