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2/5/21 - V Domenica di Pasqua, anno B


"Io sono la vite, voi i tralci", e, fuor di metafora: "Rimanete in me e io in voi". Dobbiamo partire di qui per comprendere il rapporto che il Risorto instaura con quanti diventano suoi discepoli ed il frutto che deriva dal fare esperienza della sua e nostra risurrezione. Siamo qui in quella che Paolo chiamerà altezza, profondità, estensione, intimità con Cristo di chi è immerso in Lui nel Battesimo, riceve nella Cresima il suo Spirito, si nutre del suo Corpo nell'Eucaristia, diventa partecipe della sua missione di perdono, radica in Lui l'amore famigliare, vive di Lui l'imposizione delle mani nel ministero, unisce la sofferenza alla sua che redime e riscatta.
Vite e tralci che il Padre, dice Gesù, pota e quante potature nella vita, perché siano pieni di liquore i grappoli che, diventati vino, simboleggiano la gioia, l'amicizia, l'accoglienza che con Cristo il cristiano immette in ogni dimensione, situazione, incontro della vita. Non sarà da trascurare l'avvertimento di Gesù: "Ogni tralcio che in me non porta frutto lo taglia". C'è dunque una responsabilità nostra quando la fede si fa dubbiosa e critica fino all'allontanamento, la speranza è scambiata con il sogno e l'utopia e la carità perde lo smalto dell'empatia per declinarsi su spontanee simpatie e prevenute antipatie. È da ripensare tutto il nostro modo di essere cristiani quando non sappiamo più risorgere, riprenderci, affrontare, resistere, comunicare. È da rimettere in discussione la struttura del nostro pensiero quando fa dell'"io" individuale il criterio della verità ma abbiamo escluso l'altro e l'Altro che è Dio.
Negli Atti degli Apostoli ci viene in soccorso Paolo e la sua avventura che da persecutore, da chi non vuole aver niente a che fare con Cristo, partendo dalla sua parola sulla via di Damasco fa di Cristo il tutto della sua vita, diventa banditore del Vangelo, è in continuo movimento per creare oasi-comunità dove si sperimenta la pace: "La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria".
È questo il frutto dell'essere connessi con Cristo. È vero che il male è diffusivo, separante, inquietante ma è anche vero che in una famiglia se due sono uniti in Cristo le difficoltà si superano. Se in una comunità ci sono un gruppetto di cristiani autentici, tutto rifiorisce e porta frutto. Se nella società c'è chi vive il proprio ruolo di servizio, smaschera l'ipocrisia della prepotenza e del malaffare. È più forte il Vangelo di tante mafie. È più forte la vigna del Signore che il sottobosco del parassitismo. Accogliamo l'invito di Giovanni: "Figlioli, non amiamo solo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità".
Facciamo in modo che il nostro cuore non ci rimproveri nulla, abbiamo fiducia in Dio, lo Spirito del Risorto è dentro di noi. Non fermiamoci al pensiero che potrebbe anche farci perdere nelle secche del dubbio, crediamo con il cuore, crediamo con le mani che non si stancano di produrre frutto. Facciamo della comunità cristiana il luogo dove incontrare il Signore che ci rende enzimi attivi di risurrezione per il mondo dove siamo stati chiamati a vivere.

2/5/21

Letture: At 9,26-31; Sal.21; 1 Gv 3,18-24; Gv 15,1-8


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don Ezio Stermieri
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