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7/8/22 - XIX Domenica t.o. anno C


Per noi, anche cristiani, che viviamo in una cultura dove la statistica la fa da padrona e la maggioranza anche di un solo voto, spesso raggiunta più per protesta che per proposta, dà il diritto a governare, è facile dimenticare il mandato di Gesù per i suoi discepoli mandati nel mondo. Il compito era ed è di essere il fuoco che brucia le scorie, scalda, illumina; di essere sale che guarisce e dà sapore; di essere luce nella notte, attenti ad individuare la strada. Non necessariamente maggioranza, anche se può dispiacere essere considerati minorili che non vivono il mito dell'uccisione del padre per entrare nell'età adulta.
A noi comunque, oggi, la parola di Gesù: "Non temere piccolo gregge!". Anche se la sua parola non è la consolazione del perdente. Si tratta di sapere dov'è il nostro cuore, il motore trainante della nostra vita, il tesoro di sapienza che è il Regno dei Cieli, la Signoria di Dio che impedisce di diventare schiavi di verità di interesse, di morali che appiattiscono sulla istintività e il desiderio, politiche che per reggere devono dare l'assalto alla informazione mediatica e perfino sulle verità non verità dei social. Qual è dunque il tesoro lasciatoci per il nostro compito anche se è finita una certa cristianità e diventare cristiani richiede una opzione fondamentale orientativa dell'intera esistenza?
"Siate pronti". Non serve il pessimismo di chi desiste né l'utopia senza la coerenza per raggiungerla a partire da subito. L'utopia non è che non esiste; non c'è ancora! La vita va verso un giudizio, un incontro che dice realizzazione o fallimento. Non paga pensare che tanto si muore ed è tutto finito per gli uni e per gli altri. "Cercate di capire". Non basta essere indottrinati per essere sicuri. Il "ladro" anche dei valori personali, sociali è all'opera con promesse illusorie. Se per fare un africano, dicono, ci vuole un intero villaggio, per fare un cittadino, per fare un cristiano ci vuole un'intera comunità e, anche, un intero paese. Ancora, questo lascito non è solo per la Chiesa; è per tutti e questo impegna il cristiano, la Chiesa nel contesto in cui vive.
La conclusione di Gesù è un monito pericoloso da dimenticare: "A chi fu affidato molto (e a noi è stato affidato tutto!) sarà chiesto molto di più".
La Lettera agli Ebrei, primo catechismo per i primi cristiani, ci ricorda che per essere attuali nel mondo è necessaria la fede, la fiducia in Dio perché Egli, più di noi, si fida dell'uomo e l'ha affidato al Cristo, alla sua "passione" per il mondo e al suo continuo risorgere.
Il popolo Ebraico (prima lettura) per non implodere faceva memoria della notte della liberazione diventata cammino verso una meta al seguito del Signore che apriva la strada.
Anche per noi non c'è altra strada che non sia la riserva, il tesoro del Vangelo.

7/8/22

Letture: Sap 18,6-9; Sal 32; Eb 11,1-2.8-19; Lc 12,32-48


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don Ezio Stermieri
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