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27/11/22 - I Domenica di Avvento anno A


Entriamo con questa domenica in un nuovo anno liturgico. Sarà nostra guida, nello sforzo di andare oltre la materialità della vita per porre lo Spirito del Vangelo e la stessa persona di Gesù Cristo come unico Salvatore, l'Evangelista Matteo del quale abbiamo ascoltato alcune righe del discorso escatologico: ultimo, decisivo, definitivo per non finire annegati dalla nostra civiltà immersa nel presente, senza memoria e ansiogena per il suo futuro.
Gesù riassume il vivere umano senza attese, senza speranze, senza sogni, senza mete da raggiungere, in sole due azioni: mangiare e fare sesso. "Come ai tempi di Noè – dice Gesù – mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito senza accorgersi di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti".
Sì perché anche il cibo ha l'intrinseca cultura di ricavarlo senza devastare l'ambiente, senza ammassarlo da parte di pochi noncuranti della fame e sete di molti. La sessualità non può essere ridotta all'egoismo, alla sopraffazione, al mercato. Ha in sé l'esigenza della reciprocità, è intrinsecamente aperta alla vita, è "agape", condivisione della mensa come segno della condivisione del futuro, sennò lo stesso amore diventa annegare nella solitudine e nell'amarezza, diventa morte.
Ebbene, dentro ad una umanità addormentata nei sogni della notte, quando ci si rifà delle sconfitte del giorno, Gesù Cristo alza un grido di risveglio a quanti sono raggiunti dal suo Messaggio: "Vegliate (state svegli!), tenetevi pronti". È un richiamo che rimette i cristiani in stato di Avvento. Ritornano le forze per alzarsi e andare verso, guadagnare tempo, il tempo della salvezza, guadagnare spazio per uscire dalle sabbie mobili del presente.
Verso che cosa, verso chi? Verso Colui che si è messo in stato di Avvento, venuta verso l'umanità, verso ogni uomo. Verso il ritornante nella storia per riscattarci, metterci in cammino, rimettere nel cuore il buon volere, la speranza, la fiducia. Sì perché non è più l'ora di demandare a rivoluzioni di strutture.
Tutto ritorna su se stesso dopo l'inevitabile terrore per adeguare al "nuovo". Non è più l'ora di additare a chi tocca essere garante. Tutti si sono adagiati sul proprio "io". È ora di dire ognuno a se stesso: ora tocca a me. Per dirla con Isaia è il tempo dell'invito reciproco: "Venite, saliamo sul monte del Signore". Bisogna guardare dall'Alto e non dal basso dell'interesse. "Perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri".
Il Natale che ritorna ci garantisce che Egli già è venuto e si è fatto Lui stesso via. Egli viene ed è Egli stesso la verità sul nostro presente. Egli verrà perché la storia con i suoi conflitti, contraddizioni, ritardi va inevitabilmente verso il suo ritorno per essere premio, eternità del nostro tempo.
È tempo dunque, ce lo ha ripetuto Paolo: "Rivestitevi del Signore Gesù Cristo". "È ormai tempo di svegliarvi". Non più l'abito dello schiavo, del fuggitivo, dell'anarchico o dell'uomo di parte. Rivestiti da figli, liberi perché "la notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi (perché è pur sempre una lotta!) della luce".

27/11/22

Letture: Is 2,1-5; Sal. 121; Rm 13,11-14; Mt 24,37-44


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don Ezio Stermieri
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