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11/2/18 - VI Domenica t.o. anno B


Difficile, ascoltata la pagina dell'odierno Vangelo, non vederla nella sua continuità storica, a Lourdes, dove moltitudini di infelici, sfigurati nel corpo, nella psiche, nello spirito, supplicano in ginocchio di essere guariti, risanati, purificati.
Difficile non constatare come quel luogo sia luogo della compassione dove il Cielo si è aperto sulla nostra lontananza, divisione, disperazione. Ha teso la mano, continua a toccare il corpo e ancor di più lo spirito rivelando così che Dio è dalla parte della nostra integrità, salute, salvezza. Lourdes è così diventato da 160 anni oggi il luogo dove la Chiesa: il popolo e i suoi ministri prendono atto come anche l'uomo moderno, contemporaneo sia amato e possa sentirsi amato da Dio. Questo nel 1858 come oggi è stato il dialogo di Maria con una ragazza, Bernardetta, così semplice da non poter manipolare il messaggio che la Madre, divenuta tale per noi sotto la Croce come dono del Figlio, ha lasciato: l'uomo moderno facendo del progresso, della scienza, della modernità un assoluto può dimenticare la sua umanità (essere humus), la sua dignità riportata a bellezza nell'acqua battesimale, può cadere in un soggettivismo individualistico dimenticando di essere popolo. Può dimenticare la meta e girare in tondo senza futuro o avendone paura. In nome del progresso di pochi può arrivare a considerare scarto il malato, il povero, il piccolo, il vecchio.
La civiltà vera che i cristiani fanno propria attorno a Cristo e al suo Vangelo affronta il suo futuro partendo da chi, malato, ci richiama alla necessaria solidarietà; rifiuta di dividere in classi la società perché ogni diversità è risorsa e ricchezza. Così il gesto di Gesù che restituisce alla comunità il lebbroso, così Lourdes che rende visibile in un punto della nostra storia e geografia la possibilità di quel mondo che convertendosi a Dio in Lui trova la ragione e la legge per convertirsi all'uomo fratello "proclamando e divulgando il fatto" che solo in Cristo l'uomo di oggi trova futuro e salvezza, pace e nuovo sapere sociale.
Proprio come ci ha ricordato S. Paolo. I cristiani, qualunque cosa facciano, facendo tutto guardando a Cristo non sono di inciampo né per i Giudei né per i Greci (si potrebbe dire: per i tanti modi di credere o di essere atei); né causa di divisione al loro interno perché sono una (la!) forza propulsiva del progresso che parte dal cercare il bene di tutti, non cercano il proprio interesse e se hanno una priorità è per chi fa fatica, per il lebbroso: l'uomo sfigurato nella sua dignità, quello che siamo tentati neanche più a vedere, perché - dice Paolo - giunga alla salvezza. Non può non venire davanti agli occhi, di Lourdes, la via crucis dove seguendo Cristo nel suo itinerario passano davanti agli occhi e scendono nel cuore le tante vie crucis dell'uomo di oggi; dove la propria via crucis diventa il farsi cirenei nel portare la croce, la fatica, l'impegno, la lotta perché nessuno con la sua lebbra rimanga escluso dal consorzio umano. Anzi l'umanità tutta diventi una ininterrotta processione di uomini luminosi e illuminati, felici di essere cristiani perché la Grotta di Lourdes è la finestra dalla quale la nostra notte si affaccia sulla Luce.

11/2/18

Letture: Lv 13,1-2.45-46; Sal.31; 1 Cor 10,31-11,1; Mc 1,40-45


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don Ezio Stermieri
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