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9/12/18 - II Domenica di Avvento anno C


Una volta assodato che tutta la vita, di più, la storia dell'umanità è un Avvento, l'andare incontro alla venuta del Signore, non avendo in sé quel riscatto, quella salvezza che può portarci solo Dio, la Chiesa nell'ascolto della Parola di questa II Domenica ci accerta che Colui al quale andiamo incontro già è entrato nella vicenda umana, già è stato riconosciuto, additato come il solo nel quale vedere e sperare la salvezza di Dio (Vangelo). È Luca, l'evangelista della storia, che ci documenta. "Nell'anno decimoquinto di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato... la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto".
È dunque nel deserto di valori, di verità certe, di umanesimo autentico che anche oggi risuona il messaggio di questo testimone autentico che predica la necessità nostra di immergerci in una radicale conversione del cuore e della vita; convince che la catena del male che ci rende schiavi del passato ha bisogno di perdono, quello di Dio che rompe il susseguirsi della malvagità e apre a nuova reciprocità. Reinterpreta Isaia che dalla schiavitù di Babilonia esorta verso la libertà preparando la via perché il Signore possa raggiungerci: raddrizzate i suoi sentieri, riempite d'amore i burroni dell'odio, abbassate i colli della superbia, dell'orgoglio, di ogni forma di razzismo e ostacoli all'incontro. È come dire che, sì, Dio non viene meno alla sua alleanza. È pronto per capitoli nuovi della nostra storia ma non contro il nostro tragico essere liberi che ci tenta a pensare, a dire e a comportarci come chi non ha bisogno di Lui, che l'unica salvezza è nella difesa e nell'offensiva, che l'uomo è così come lo vediamo. Non c'è rimedio, riscatto, salvezza e che un Redentore sia già venuto è favola, utopia, pio inganno per chi si ostina a sognare l'irrealizzabile.
Eppure, ce lo testimonia oggi Baruc (prima lettura), già tante volte l'umanità ha sperimentato il desiderio, la volontà che da posizioni di lontananza, incalzati dai nemici, l'umanità abbia lasciato tempo a spazio e tempo a Dio perché riconducesse, spianasse, colmasse, rivelasse le tante barriere che l'uomo aveva contrapposto al suo simile, per fare esperienza di pace. Altre volte il meglio dell'umanità ha guardato verso Oriente, ricordando le tante volte che Dio era entrato nella storia umana, perché potesse scorgere prima il suo sorgere, il suo illuminare, scaldare il cuore umano infreddolito e intorpidito nella paura. "Deponi Gerusalemme la veste del lutto e della afflizione, rivestiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio, per sempre".
Il nascere del cristianesimo, delle prime comunità cristiane, così ben testimoniato da Paolo, è attorno a questa coinvolgente certezza: "Fratelli, sempre, quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia a motivo della vostra cooperazione per il Vangelo" (seconda lettura). Paolo pone le condizioni per non ricadere nell'immobilismo disperato: "Prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo".
Rassegniamoci. Non c'è altra strada che la via che è Cristo stesso con la sua venuta: incarnazione. Non c'è altra verità; le verità in commercio dove vince il più forte, il più adatto, il più furbo sono la verità della prepotenza. È vero che vince, ha vinto il Dono. Non c'è altra vita che sia liberata perché liberata dalle tante paure ed è la vita che nasce a Betlemme per far nascere dall'Alto ognuno di noi.

9/12/18

Letture: Bar 5,1-9; Sal.125; Fil 1,4-6.8-11; Lc 3,1-6


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don Ezio Stermieri
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