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7/4/19 - V Domenica di Quaresima anno C


L'evangelista Giovanni ci conduce in questa V Domenica di Quaresima nel tempio. Già Luca ci aveva condotto dietro Gesù nel deserto, sul Monte Alto, nella sinagoga, nella casa del Padre misericordioso. Nel tempio perché, lì, Gesù mostra il volto, il cuore, la voce del Padre sulla miseria umana, quando il vissuto, il contesto sociale, lo smarrimento della nostra dignità ci induce a prostituirci, a venderci, a comprometterci pur di essere qualcuno: "Neanche io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più".
Nel tempio dove è conservata la "legge" che impedisce il fallimento dell'esistenza è garantita l'alleanza di un Dio fedele, più grande del nostro peccato; è assicurata la possibilità del ritorno, dell'incontro, del Perdono. È dunque nel tempio dove Gesù a pieno titolo dimostra la sua vera identità: il Dio che affranca e rinfranca, libera dunque e apre la strada per un nuovo esodo, rinnova la Pasqua in tutta la sua potenza. Nel tempio risuona dalla bocca di Gesù la Parola che fa chiarezza e verità: "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra".
Nel tempio si scopre la delicatezza di Dio che in Gesù si china, scrive per terra, non ci guarda in faccia per verificare la vergogna per aver tradito noi stessi tradendo lui, ma sul nostro essere di terra scrive la parola che ci rende liberi piantandovi sopra la Croce del riscatto, il pegno perché non ci rassegniamo al male e diventiamo capaci di bene.
Proprio come aveva visto Isaia quando l'umanità invece di annegare nell'acqua della propria miseria scoprirà "una strada nel mare, un sentiero in mezzo alle acque possenti", per raggiungere l'altra sponda, quella di una nuova vita: "Non ricordate più le cose passate. Ecco, io faccio una cosa nuova, non ve ne accorgete?".
La cosa nuova non è tanto che usciti di qui saremo dei perfetti, quanto piuttosto che usciti di qui non ci sentiremo necessitati, rassegnati al vivere in un pensiero che mortifica l'uomo e lo dichiara in balia dei suoi istinti, non ci uniremo alle parole che dicono vero quanto succede togliendo la fatica di costruire un mondo più giusto, più fraterno, più vero. Non ci sentiremo più dei prostituti che si vendono per il solo stipendio ma artefici attraverso il lavoro, l'impegno di un domani per la generazione che cresce. Non giudicheremo più la nostra religiosità una tradizione da conservare se non c'è altro da fare ma il luogo, il tempio dove ogni volta riudire la Parola della Pasqua: "Va' e non peccare più!". Il peccato non è più una inevitabile necessità! La vita, ci dice Paolo, diventa una corsa, non più un passato appesantito e strascicato nella noia; le tante cose di cui ci riempiamo, una perdita di fronte alla scoperta di raggiungere Gesù Cristo, raggiungere la sua statura. La Fede una sublimità perché è la constatazione di essere stati raggiunti da Gesù Cristo. Proprio come dice Paolo: "Non ho certo raggiunto la meta, non sono arrivato alla perfezione… proteso verso il futuro, continuo a correre verso la meta". Sono gli ultimi passi del cammino quaresimale, la prima corsa della Pasqua, dei finalmente liberi perché liberati.

7/4/19

Letture: Is 43,16-21; Sal 125; Fil 3,8-14; Gv 8,1-11


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don Ezio Stermieri
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