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14/4/19 - Domenica delle PALME anno C


In un solo giorno, questo, detto domenica delle Palme, la Chiesa ci fa rivivere con i suoi riti il senso orientativo della vita e partecipare al nucleo infuocato d'amore della nostra fede.
Ci siamo messi in cammino, e la vita è cammino, ma non quello individuale dove ciascuno cerca la sua strada, il modo di percorrerla, dandovi, se lo trova, un senso ma cammino-processione di un popolo che rivive il giorno in cui Gesù entrando in Gerusalemme, come ci narra il Vangelo, è stato riconosciuto, acclamato Messia, inviato da Dio che ha pensieri di pace e non di afflizione. Con l'ulivo in mano ci siamo riconosciuti gente che porta la pace, che è segnata dal fuoco che, bruciato l'ulivo, sulla fronte, all'inizio della Quaresima, ha deciso di vincere ogni divisione, superare ogni forma di egoismo per vivere la Pasqua, il passaggio di Dio della nostra vita per farci Chiesa, nuovo popolo del Risorto. Così ci siamo stretti attorno all'altare perché è dall'Eucaristia, dal Signore a mensa con noi che viviamo l'ora di Gesù e nostra; il suo desiderio, che il Vangelo ci ha testimoniato, diventa il nostro e il "fate questo in memoria di me", fino al suo ritorno, riempie il cammino della vita di un coraggio, una forza, una identità che senza separarci dal resto della città ci dà l'identità di un popolo dell'alleanza, dell'amicizia, della comunione, del dono di sé capace di immettere un capitolo nuovo nella storia dell'umanità.
Siamo allora stati invitati ad un altro cammino, non da soli, ma con Lui fin sotto la Croce dove se solo siamo capaci di dire: "Ricordati di me", Egli apre anche per noi l'estuario della vita: "Oggi sarai con me in Paradiso". Su quella strada al tradimento di Giuda, al rinnegamento di Pietro, al fraintendimento degli Apostoli aggiungiamo i nostri, tanti o pochi, ma con una nuova certezza: il dono che Egli sta per compiere sulla croce, perché noi siamo liberi e perciò liberati, è più grande di ogni peccato.
Il nostro stordimento, addormentarci dei momenti difficili, la nostra fuga perché impauriti dalla responsabilità del credere, non interrompe la sua consegna e l'essere stati dei suoi ci mette dentro la voglia del ritorno. Egli ci precede in Galilea, tra la gente di ogni giorno perché come cristiani cerchiamo su ogni volto la sua fisionomia e così ci riscopriamo fratelli. Entriamo con Lui nei luoghi dove è ribadita la sua condanna. Ha preso su di sé ogni nostra solitudine, incomprensione, condanna. Egli entra nel silenzio. Di lì in avanti gli interessa solo il Padre e il fare la sua volontà. Quale ammaestramento per i momenti difficili. Gli si preferisce un terrorista, Lui che è passato facendo del bene a tutti. Uno di passaggio prende, non per scelta, la sua Croce e così dice a noi di non disperare ma di accorgerci di chi ci aiuta a portare le Croci, anzi di farci noi stessi Cirenei gli uni per gli altri. Ed eccolo, eccoci ai piedi di Lui Crocifisso. È l'ora del buio, della notte, della morte. Eppure proprio in quel momento il velo del tempio si squarcia. Finalmente vediamo oltre, grazie a Lui, finalmente il cammino della vita si apre alla luce di quel Dio-Padre di cui Egli si è fatto testimonianza. Finalmente! La nostra vita non è un girare in tondo, storditi. Finalmente la meta. Diventare come Dio ci aveva pensati e voluti nel paradiso, l'Eden primigenio: "Oggi sarai con me in Paradiso".
Che cosa è la vita? È quel "sabato", quella vigilia, quell'attesa dove ci dice Luca: "Tutti i suoi conoscenti che lo avevano seguito, stavano da lontano a guardare tutto questo". Guardare, vedere. È questo il senso della vita e della fede. Anche noi come i greci vogliamo vedere Gesù, perché vedere è vedere la salvezza e questa Domenica ne è la narrazione e la primizia.

14/4/19

Letture: Is 50,4-7; Sal.21; Fil 2,6-11; Lc 22,14-23,56


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don Ezio Stermieri
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