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28/4/19 - II Domenica di Pasqua anno C


È la stessa Parola di Dio, di questa seconda domenica di Pasqua, a sospingersi alle sorgenti del nostro essere Chiesa in gestazione nella predicazione del Gesù della storia che annuncia l'avvento nella sua persona del Regno di Dio e nata, radunata, dal Cristo risorto. La narrazione di quei primi momenti, prima che la fonte divenisse fiume che solca la storia e coinvolgesse anche noi, è tutto un brulichio, un fermento, un succedersi di fatti che a riscoprirli mettono in movimento il nostro stagnante procedere verso il mare, l'oceano di quando la visione dell'Apocalisse (seconda lettura) sarà realtà. Ma è per oggi, è per noi la parola: "Non temere! Io sono il primo e l'ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi". È attorno a questa certezza che si coagulano i primi credenti, esiliati sì come Giovanni a Patmos perché ritenuti un pericolo per il sistema sociale, sono sì nella tribolazione ma ormai nel Regno e nella Signoria di Gesù e perciò vincitori, più forti di ogni insidia alla coscienza e alla libertà dell'uomo.
Gli Atti degli Apostoli che segnano i primi passi di coloro che saranno chiamati cristiani attestano che "molti segni e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli Apostoli"; riferiscono che "sempre più venivano aggiunti credenti al Signore"; ci documentano che portavano gli ammalati persino nelle piazze e bastava l'ombra dei testimoni di Gesù perché la forza di guarigione del Signore provocasse la guarigione. In una parola, il male arretra dalle persone tormentate da spiriti maligni e il Regno avanza.
Il Vangelo poi di Giovanni attesta da dove veniva questa forza della prima ora della Chiesa. Fin da subito nel giorno del Signore (la domenica) si lasciano radunare dal Risorto (la sera di quel giorno… otto giorni dopo… e così via fino a noi!). È vero, si riuniscono a porte chiuse, per paura ma il Signore che sta in mezzo a loro reca la pienezza del dono: la Pace. Spalanca le porte: "Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi. Ricevete lo Spirito Santo". Li manda con una missione precisa in un mondo di contrapposizioni ed egoismi: portare il perdono che spezza le catene del male e dà inizio a uomini, donne, giovani capaci di sciogliere il male e di mettere insieme tutto ciò che è buono. È vero, tra di loro c'è anche Tommaso che ci rappresenta così bene, noi che ci affidiamo a quanto si constata e si misura e renitenti ad accettare che la verità la costruiamo con tanto di buona volontà. Gesù si lascia vedere, toccare purché ci si decida a cercarlo e vederlo in ogni fratello, purché la fede non rimanga un fatto intimo, privato, soggettivo ma diventa testimonianza che sfida ogni pericolo.
Conclude Giovanni che i fatti raccontati di quel primo credere, primo riunirsi, primo testimoniare "sono stati scritti – e diventano per noi parola di Dio indubitabile – perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate vita nel suo nome". Ritorniamo dalla sorgente al nostro scorrere lento nella storia. Quanta siccità appena oltre le sponde, talmente devastante che neanche più si crede che l'acqua esista. Quanti ristagni nello stesso fiume, tanto che ci sono più alghe che pesci!
Non è forse ora per noi e per tutti che irrompa quella sorgente che è il Risorto attorno al quale riprendere il fervore del trasmettere, la fretta della carità, la bellezza della reciprocità, l'ansia missionaria che cerca e crea nuovi torrenti per arrivare all'uomo di oggi? Tutto ritorna autentico e vero se, come Tommaso, davanti al Cristo sappiamo dire: "Mio Signore e mio Dio!". È in questa esclamazione credente che è contenuta la forza del tutto e tutta la forza.

28/4/19

Letture: At 5,12-16; Sal 117; Ap 1,9-11.12-13.17.19; Gv 20,19-31


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don Ezio Stermieri
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