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9/6/19 - PENTECOSTE, anno C


Quanto la Chiesa ci dà oggi da vivere e celebrare è in riferimento ad un avvenimento preciso, un "oggi", un "giorno", quello di Pentecoste, cinquantesimo dopo la Pasqua in cui i primi testimoni, gli apostoli, sono scaraventati fuori dalla loro paura, tutto il loro essere: udito sconvolto come da tuono, vista abbagliata dalla luce del fuoco, fisico sospinto da un vento impetuoso… fa esperienza dello Spirito Santo, lo Spirito del Risorto rimette al punto di nuova partenza la loro vita, un linguaggio che annulla la frantumazione del comprendersi a Babele, apre ad un nuovo umanesimo universale: "Come mai – si domandano i presenti al fatto – ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa?".
Siamo di fronte non all'afflato dell'uomo il cui spirito anela alla pace, al sentimento ritornante di una possibile fraternità, all'anelito verso un "oltre" inafferrabile ma all'irrompere dello Spirito di Dio, lo Spirito del Figlio morto e risorto che aggiunge all'uomo la possibilità di vivere secondo lo Spirito dato fino a tracimare dal cuore di ciascuno in una vita nuova, una legge liberante, quella che Paolo ricorda ai cristiani di Roma: "Voi non siete sotto il dominio della carne – l'elemento caduco che impasta la nostra umanità di debolezza, precarietà, morte – ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi… Lo Spirito che ha risuscitato Gesù dai morti" e che ci identifica come "figli di Dio" e dunque eredi della vita eterna di Dio, "coeredi di Cristo". E, aggiunge l'Apostolo, per questa nuova vita vale la pena anche soffrire, pagare di persona. Lo spirito dell'uomo refrattario allo Spirito di Dio è spirito di divisione, di prepotenza, di egoismo, deluso dell'uomo e innamorato dell'animale assoggettato.
Lo Spirito di Dio Gesù lo chiama (lettura Vangelo) Paraclito, Vento che sospinge i dispersi, i soli, i piangenti, i perdenti a lasciarsi raccogliere fino a diventare popolo, Chiesa, segno elevato della possibilità di una civiltà nuova, quella dell'amore dove i poveri, gli umili, quelli senza potere contrattuale, i perseguitati a causa delle ideologie dividenti il sentimento comune di umanità sono "beati", sono l'inizio del Regno che attraversa la storia fino al ritorno di Cristo, quando lo Spirito di Dio sarà tutto in tutti.
È lo Spirito – assicura Gesù – che in ogni epoca, tornante della storia e dunque anche oggi, "vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che ho detto". E così, oggi, ogni parrocchia diventa Cenacolo dove l'irrompere dello Spirito di Gesù rinfranca da ogni paura, anche quella della marginalità e quanto è stato disperso del pensare, agire, volere cristiano si ricompatta non in una dottrina astratta o considerata nemica della contemporaneità ma in un linguaggio che affonda nelle radici, nel cuore della nostra umana appartenenza e cultura. E questo è talmente vero che anche chi non ne conosce la valenza fa del linguaggio cristiano l'esca per nuovi adepti. È il paradosso di oggi, il vento contrario che se potesse dividerebbe dal di dentro gli stessi credenti. Sarà il nostro stesso essere Chiesa, popolo, nuovo popolo di Dio che rincuorerà e orienterà quanti si sentono soli, usati e gettati a ritornare nel Cenacolo per sentirsi spinti a nuova e rinnovata forza per la vita.

9/6/19

Letture: At 2,1-11; Sal 103; Rm 8,8-17; Gv 14,15-16.23-26


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don Ezio Stermieri
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