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28/7/19 - XVII Domenica t.o. anno C


Se potete disporre di qualche ritaglio di tempo, provate a leggere per disteso il Vangelo di Luca e con sorpresa noterete come l'evangelista ami ritrarre Gesù, nelle più svariate circostanze della sua missione, in preghiera, in dialogo con il Padre. Questo allora sarebbe già sufficiente per delineare il cristiano, uomo che feconda l'esistenza dallo spesso rapporto con Dio.
I discepoli sono così attratti dal "come" il Maestro si ponga davanti a Dio, da arrischiare la domanda: "Signore, insegnaci a pregare!". "Quando pregate...". E Gesù non insegna una preghiera da porre accanto alla vita. Insegna che la vita diventi dialogo con Dio. "Dite: Padre"! L'orizzonte subito si apre su una fraternità che abbraccia ogni uomo perché Dio è Padre di tutti. L'esistenza si allontana dalla tentazione dell'esserci per caso, siamo il risultato di un amore-vita che tracima e pone in essere una umanità che ha i suoi cromosomi di bontà e bellezza. Di qui l'invocazione che il suo nome, la sua potenza riempia ogni cosa, situazione della sua santità.
Lo sguardo allora si allarga alla quotidianità, al porre necessario il pane dell'intelligenza, della libertà, della giustizia, dell'amore che condivide, del lavoro che non schiavizza ma realizza il sedersi a mensa con i propri cari spezzando il pane perché nessuno viva una vita amara. Il pane del perdono, se necessario, per ripartire da capo, ogni domenica ripartire da Lui.
Gesù poi allarga la visione interpretativa dei discepoli. Parla di Dio amico che non è disturbato dal nostro bisogno di Lui. Aiuta a scoprire in noi traccia di Lui, nella paternità umana quel farsi dono. "Se voi che siete cattivi (sa come talvolta constatiamo di rapportarci) date cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo – e che dunque non è impastato di terra, di limite – darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono". Lo Spirito di Gesù diventa il discernimento, il nutrimento, la qualità del cristiano, nato come Gesù da Spirito Santo.
L'Antico Testamento ascoltato in Genesi ci presenta il dialogo di Abramo, il primo credente, con Dio e fin dall'inizio della preghiera possiamo dire che è l'onnipotenza dell'uomo. Con Dio andiamo oltre il limite di una giustizia miope e, sperimentandola in proprio, a Lui per tutti chiediamo misericordia e Dio la concede. Invece di elencare i mali che ci circondano, nella preghiera impariamo ad essere noi enzimi di bontà che tutto redime. "Non distruggerò per quei dieci".
Proprio uniti a Cristo nel Battesimo, ci ha ricordato S. Paolo, diventiamo prolungamento nella storia di quel perdono, di quella vita nuova che prende forma e consistenza nel rapporto con Dio, con la preghiera. Diciamo orazione perché con la bocca esprimiamo il bisogno di nutrimento, di affetto, di parola e silenzio che riassume chi siamo e che cosa siamo chiamati a diventare: "Con Lui Dio ha dato vita anche a noi, togliendo di mezzo sulla Croce ciò che ci era contrario".

28/7/19

Letture: Gn 18,20-32; Sal 137; Col 2,12-14; Lc 11,1-13


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don Ezio Stermieri
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