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22/3/20 - IV Domenica di Quaresima anno A


Abbiamo sentito San Paolo: "Fratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce". È una luce, continua l'apostolo, che illumina e perciò separa il bene dal male non più secondo ragioni soggettive dettate dall'istinto, dall'interesse, dalla compensazione. Questa luce è Cristo stesso al quale convertire la propria esistenza: "Svegliati tu che dormi, – addormentato dal "così fan tutti", dal pensiero comune, dal sistema – risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà".
È quanto ci racconta Giovanni nel capitolo 9 or ora ascoltato. La struttura del quarto Vangelo è lineare. Pensato come la settimana paradigma del tempo nuovo, ogni giorno porta la narrazione di un "segno" (miracolo, diciamo noi) di Gesù. Ne è data la spiegazione (la catechesi, meglio!) e conclude con l'affermazione di Gesù: Io sono! Ma dopo questa guarigione di un cieco nato, Gesù dice di sé (capitolo 10): Io sono il buon Pastore. Così era atteso il Messia come colui che, venendo, nel deserto avrebbe ridato la vista e dunque la capacità di seguirlo, accecati dalla sabbia, dal vento, dal sole. La Pasqua ormai vicina è dunque di risurrezione perché ci è ridonata la vista, compromessa da mille immagini, attraenti ma accecanti fino a non veder più che cosa è la stessa vita. Annebbiata l'origine ricacciata nel caos e nel caso, confuso il procedere, il diventare umiliato nel "sono fatto così", stavolta la meta sotto l'insegna della paura, del non volerci pensare, nella ineluttabilità della morte. E perciò intermittenti o condizionati dalla sensazione i valori che ne formano la trama. «Va' a lavarti – dice Gesù al cieco nato – nella piscina di Siloe che vuol dire "Inviato"». Si tratta di ripulire la nostra vita da paure, incrostazioni, abitudini, scelte sbagliate. Si tratta di essere ri-creati: "L'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato…". E, quel poco di fango che siamo, animato dal suo Spirito, fa il Passaggio, la Pasqua di risurrezione.
Anche David, ci ricorda il primo libro di Samuele, era considerato poca cosa, per chi giudicava secondo le apparenze, ma il Signore ne aveva visto il cuore. Commetterà errori, peccati, ma costantemente ritornerà al Signore chiedendo di essere lavato, guarito, restituito a vedere il bene da compiere. Come David, ogni discepolo di Cristo è re, signore, non più schiavo del deserto perché accecato dall'orgoglio, ma libero perché come il cieco del Vangelo ha visto Gesù e come lui dichiara: "Credo, Signore"!

22/3/20

Letture: 1 Sam 16,1.4.6-7.10-13; Sal.22; Ef 5,8-14; Gv 9,1-41


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don Ezio Stermieri
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