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27/9/20 - XXVI Domenica t.o. anno A


Mi rivolgo subito a voi: Sabrina, Paolo, Luca, che rendete festoso il nostro incontro domenicale con Gesù, per la vostra Prima Comunione con Lui, Parola e Pane per la nostra vita di ogni giorno. Avete sentito come per dirci della novità che Egli ci ha portato entra nel concreto delle nostre giornate e dialoga con ciascuno. "Che ve ne pare?". Ci dice. Come si deve intendere quanto Dio ci dice: "Figlio, oggi va' a lavorare nella mia vigna". Dunque il Signore ci chiede qualcosa. Come del resto ogni genitore. E non lo fa per lui da padrone, ma per noi come anche un papà. Se i genitori fanno tutto loro a servizio dei figli, costruiscono un egoista che ben presto pensa di essere il centro del mondo e che tutti abbiano doveri e lui solo diritti. La risposta dei due figli è interessante per noi. Uno dice sì ma poi è no. L'altro dice no ma poi ci ripensa e parte. Così per voi. Non basta dire sì perché oggi tutto è festa ma quando richiederà impegno il sì diventa no. Meglio dire: forse non ce la farò ma se uno sente che è amore quello che domanda, sia del genitore che del Signore, diventerà "sì".

Noi adulti, la comunità che si stringe attorno a voi, deve, con la sua presenza, facilitare la vostra risposta, proprio come ci ha detto San Paolo: "Ciascuno cerchi non l'interesse proprio, ma quello degli altri". E l'interesse della generazione che sale. Ora, per ritornare a questo principio-norma di vita, per riascoltare la Parola: "Oggi va' a lavorare nella mia vigna", bisogna disinquinare la mente ricacciata nell'individualismo a cui è promessa una libertà senza partecipazione, corresponsabilità, identificazione di valori comuni da perseguire. Bisogna uscire dalla constatazione che il mondo è così come appare. Il mondo lo costruiamo noi e se è vero che il male dilaga, anche il bene è diffusivo; anzi è più forte e di questo ha bisogno la nuova generazione per non cadere nel tentacolo dell'"oggi fan tutti così". Bisogna liberarsi dall'impressione di essere inseguiti, subissati di "cose" che ci divorano il tempo portandoci a ritagliarci un po' di tempo libero, cioè trasgressivo. Non cose (la prima comunione non è una cosa!) ma persone con le quali si interagisce e insieme si costruisce e dà senso alla vita, agli affetti, ai legami, alle relazioni. Questo è il cristianesimo di cui siamo lievito per la società.
Abbiamo sentito la Parola del profeta Ezechiele che a nome di Dio ci ricorda che siamo responsabili gli uni degli altri. Non basta giudicare, condannare, astenersi, rinchiudersi nel proprio io: "Se il giusto si allontana… Se il malvagio si converte…". Il Signore ci ha ricordato la corresponsabilità e non è sbagliata la sua condotta ma la nostra.
Questi piccoli ci ricordano quanto lavoro ci attende perché non diventino "branco" se è vero il detto africano che per fare un uomo ci vuole un intero villaggio, ebbene per fare uno, tanti, cristiani occorre, nella Vigna-Chiesa, il lavoro di un'intera comunità.

27/9/20

Letture: Ez 18,25-28; Sal.23; Fil 2,1-11; Mt 21,28-32


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don Ezio Stermieri
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