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2/11/20 - Commemorazione dei defunti


Le poche righe del libro di Giobbe ci hanno introdotto nell'ascolto della Parola di Dio. L'esperienza di quest'uomo dell'Antico Testamento riassume in sé situazioni della vita che per noi si rattrappiscono in una sola domanda: perché? Provato nei beni che danno sicurezza alla vita, privato degli affetti più cari, minato da un male che gli divora la carne, abbandonato dalla moglie, inquisito da amici per chissà quale ingiustizia abbia commesso… trova la forza di parole che nascono da una certezza depositata nel cuore: "Dopo che questa pelle sarà strappata via – dopo la morte dunque – vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno, non un altro".
Se è vero dunque che il dolore, la morte possono aprirsi alla ribellione, alla depressione, alla tristezza del vivere, possono anche aprirsi alla speranza: Colui che ci ha chiamati alla vita, non per caso, ma in un gesto di amore, Colui che ci mette nel cuore l'orientamento verso l'oltre, Colui che ci ha fatto fare esperienza di amore ed essere amati, rimane, non rovescia la mano precipitandoci nel nulla. Lo vedremo, vedremo l'Amore, diversamente vivi ma realmente vivi lo contempleremo e l'amore sarà eterno.
Quella che può sembrare una ipotesi audace, per il cristiano diventa, sulle parole di Gesù, la parola più vera sulla nostra fugace, talvolta difficile esistenza: "È questa la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto Egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno". L'ultimo giorno, quello che noi chiamiamo il morire, il finire è invece porta che si apre, grazie a Colui che ha attraversato la morte, "che è disceso dal Cielo" perché lo raggiungiamo là dove Egli ci precede e nel suo amore godere per sempre delle persone, della vita, di ogni realizzazione amata. È questo il Vangelo, la bella e buona notizia, la Parola che da soli non possiamo assicurare ma che in Lui trova compimento la vita.
Questo Vangelo ha illuminato, riscaldato le comunità cristiane, fin dall'inizio, e nella lettera di Paolo ai primi cristiani di Roma ne troviamo conferma: "Fratelli, la speranza non delude perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori". Questo Amore ha un nome, è un evento capace di cambiare l'orizzonte, la comprensione dell'esistenza: "Nel tempo stabilito… Cristo è morto per noi", perché noi fossimo vivi della vita di Dio, "salvati mediante la sua vita". San Paolo usa una parola di cui abbiamo bisogno: "Abbiamo ricevuto la riconciliazione". Sì! Vivere riconciliati con la vita: essa non ci tradisce; riconciliati con Dio: Egli non ci abbandona; riconciliati tra di noi: non più nemici o avversari per l'avere, potere, l'egoistico godere la vita ma gente in cammino verso una comune meta, un'unica patria, un solo popolo, quello che Dio si è conquistato dando la vita e che ora, nel tempo, a vicenda si consola con una speranza piena di immortalità.

2/11/20

Letture: Gb 19,1.23-27; Sal. 26; Rm 5,5-11; Gv 6,37-40


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don Ezio Stermieri
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