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Vorrei condividere quanto Marco registra prima di raccontare un evento drammatico capitato un sabato, giorno della Signoria di Dio sul male, in una sinagoga, luogo della comunità in ascolto e preghiera della Legge. Un disgraziato posseduto il cui spirito impuro sfida Gesù, lo riconosce come la rovina del possesso del maligno sull'uomo e il riconoscimento: "Tu sei il Santo di Dio". E Gesù: "Taci ed esci da costui!". Ebbene, gli astanti, riferisce Marco, dichiarano che: "Egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi".
Il linguaggio di Gesù non è come il nostro la cui parola è analitica, conservativa, perlopiù ideologizzata. Si ferma alla diagnosi ma è incapace di cura e terapia. La parola di Gesù è creativa come la parola di Dio che pone in essere, crea, interviene a liberare, a condurre, a salvare l'uomo dove per la sua debolezza potrebbe, nella tentazione, consegnarsi o essere posseduto da quella "impurità" che avvelena, perverte, adultera il pensiero, l'azione, la stessa capacità di amore gratuito che Dio ha messo nel cuore umano.
Ne consegue che il cristiano nel momento in cui accoglie la Parola del Vangelo ne riceve anche lo Spirito; e il linguaggio della Chiesa, di ogni comunità, di ogni cristiano non si ferma alla critica, alla denuncia, al lamento o alla invettiva. Sa discernere il bene che può essere tratto da ogni situazione e parla con la sua prassi di accoglienza, aiuto, vicinanza, condivisione, ponendosi dalla parte di chi costruisce, compromette se stesso, individua da dove partire e non ha più tempo per stare con i rancorosi e i malmostosi.
Come bene ci ha ricordato il Deuteronomio, il testo ebraico che si fa garante di quanto Dio continui ad essere presente e operante nel succedersi dei tempi e delle stagioni, la Parola di Dio ci fa responsabili del linguaggio di Dio: "Se qualcuno non ascolterà le parole che il profeta dirà in mio nome, io gliene domanderò conto".
Gli uomini non si dividono tra ottimisti ad ogni costo e pessimisti ad ogni piè sospinto, ma tra quanti pensano di aver agito solo perché hanno parlato e quanti diventano operatori di pace; mettono cioè in azione non tanto la poetica ma la "poietica" diventando figli creativi del Dio Creatore e perciò redentore e dunque Spirito, forza, coraggio che tutto riporta all'azione di Dio. È la parola che attraversa tutta la Bibbia: alleanza!
Rimane ancora un problema. Tutti siamo capaci di gesti buoni e perfino eroici. Quello che manca oggi soprattutto è la continuità, la fedeltà, il resistere. Siamo in balia dell'attimo presente. Tanti punti che non diventano mai una linea. E questo in tutte le dimensioni umane, sociali, ma anche ecclesiali. Forse era così anche all'inizio dell'esperienza cristiana se Paolo: "Parlo per il vostro bene perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni".
Giustamente Gesù ci ha insegnato a pregare: "non abbandonarci nella tentazione". Il Padre sa che senza il suo Spirito, la scelta comoda, la via del mugugno inattivo, la via dell'irresponsabilità ci attende ogni mattino sulla porta di casa.
31/1/21
Letture: Dt 18,15-20; Sal. 94; 1 Cor 7,32-35; Mc 1,21-28