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4/4/21 - Domenica di Pasqua


Il passo del non facile cammino quaresimale di conversione, raggiunta la meta della Pasqua: il passaggio di risurrezione di Cristo nella nostra esistenza, diventa corsa.
Così nel Vangelo di Giovanni. È la corsa della Maddalena che non riesce a trattenere l'esperienza sconvolgente: la tomba di Gesù è vuota. Hanno portato via il Signore e corre a dare notizia ai discepoli. È la corsa di Pietro e Giovanni al sepolcro. Pietro il garante della fede, Giovanni il depositario dell'amore, corrono insieme. Prima arriva l'amore, ma si ferma perché la fede constati la realtà del fatto e non rimanga impigliato nel non accettare la morte Gesù, la sua sepoltura e dunque la fine di una avventura come accade nell'amare.
Quella corsa diventa la nostra. Gente che "ancora non ha compreso la Scrittura, che cioè doveva risorgere dai morti". Impigliati come siamo nella nostra soggettività che fa esperienza ed ha coscienza di dover morire, condizionati dai nostri limiti che addormentano la coscienza impedendo lo scatto per superarli, spinti a dar ragione alle leggi della nostra istintività… non abbiamo ancora compreso la Scrittura, che Dio, l'Altro della nostra vita, ha disegni, propositi, azioni che in Gesù portano alla luce la nostra possibilità di risorgere. Possiamo rialzarci dall'essere ripiegati sul peggio di noi, possiamo essere riscattati da un passato inquietante e condizionante il presente; la morte più che una realtà è una lettura del nostro essere materia non tenendo conto che siamo anima, spirito, immagine e somiglianza del Dio della vita. La risurrezione di Gesù è anticipazione del nostro risorgere. La risurrezione diventa la categoria interpretante la vita ed ogni sua espressione. L'evento è divenuto ben presto annuncio, nocciolo incandescente di chi accetta di convertirsi e negli Atti abbiamo ascoltato la prima testimonianza di Pietro, degli Apostoli e via via lungo la storia fino a noi.
"Siamo testimoni… Dio lo ha risuscitato… si è manifestato a testimoni prescelti… chiunque crede in Lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome". Ha così inizio la vita del cristiano risorto così ben espressa da Paolo (1Cor). "Non sapete che un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta? Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi".
Quale potrebbe essere, oggi, il lievito vecchio al quale affidiamo il progresso, la realizzazione, la felicità del vivere personale, sociale, ecclesiale? È il solito lievito dell'interesse che si fa mercato, del potere che condiziona a proprio vantaggio, il desiderio smodato di accontentare il proprio io impoverendoci della bellezza della relazione, della reciprocità, della gratuità. Sarà sufficiente un virus per mettere a nudo e far implodere il sistema, la pasta del mondo che inventa, svende, impone i lieviti fasulli. "Siete azzimi", dice l'Apostolo. Ecco il cristiano. Si apre a Dio in Gesù per accogliere il lievito di risurrezione, il solo e mai come oggi necessario ad una umanità che implode su se stessa, una civiltà, la nostra, dal respiro ansimante, una Chiesa, la nostra, che perso lo slancio della missione non sa più di che cosa sia testimone. Cristo, il Risorto, ci è necessario.

4/4/21

Letture: At 10,34.37-43; Sal. 117; 1Cor 5,6-8; Gv 20,1-9


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don Ezio Stermieri
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