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23/5/21 - PENTECOSTE, anno B


Pentecoste. Segna una data: 50 giorni dopo la Pasqua e lascia emergere dunque un fatto che Luca negli Atti degli Apostoli ha registrato e noi l'abbiamo ascoltato. La paura ha rimesso insieme gli Apostoli in una casa amica, dove Gesù aveva celebrato la Pasqua. Ma, all'improvviso, un fragore, un vento impetuoso che invade ognuno dei reclusi. Un nuovo linguaggio che reinterpreta l'esperienza fatta alla sequela di Gesù. Una comprensione nuova della sua morte e risurrezione. Uno Spirito che spalanca i cuori e le porte: li fa missionari dell'evento. Non sono ubriachi o plagiati e la folla che incontrano li sente parlare una lingua che è comune ad ogni uomo e tutti capiscono.
È il linguaggio del Vangelo. Lo Spirito di Gesù Risorto, l'enzima di risurrezione imbocca la strada che arriva fino a noi come antidoto del male e come fonte di un mondo nuovo da costruire non rovesciando strutture, combattendo paure ma dalla coscienza, dal cuore di ognuno, raggiunto dallo Spirito, prende avvio la civiltà dell'amore. Di qui il nostro essere nella pienezza della gioia pasquale, consapevoli come siamo che anche noi siamo stati immersi nel Battesimo, confermati nella Cresima, nello Spirito Santo. Ed è Gesù stesso nel Vangelo di Giovanni a rivelarci chi è quello che chiama il Paraclito, Colui che riunisce i dispersi, il Consolatore perché strappandoci dal pianto della solitudine fa di noi il nuovo Popolo di Dio, la Chiesa. "Quando verrà il Paraclito che io vi manderò dal Padre…", "darà testimonianza". Ci rassicura che non c'è verità più vera di quello che il Cristo ha detto e fatto per il mondo. "E anche voi darete testimonianza". Non più un grigio essere cristiani ma una vita che rimanda a quanto creduto, sperato, amato, "vi guiderà alla verità tutta intera". Non più il credere a quanto, per essere vero, deve essere e stare in relazione con il vero senso della vita, ma il coraggio del "diventare" quanto è stato dato come seme nella coscienza personale e collettiva dell'umanità. "Prenderà del mio e ve lo annuncerà". Lo Spirito rende attuale, contemporaneo, presente Gesù in mezzo ai suoi. Rende quotidiana la Parola, vivo il sacramento, sincero l'affetto e la condivisione, indefesso il cercare sul volto di ogni uomo la fisionomia di Gesù. È la vocazione, la missione, il compito di ogni cristiano.
Ecco perché Paolo scriveva ai Galati: "Fratelli, camminate secondo lo Spirito", "Lasciatevi guidare dallo Spirito". E aggiungeva elencando il frutto dello Spirito come novità di vita: amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé".
Sono coordinate della vita che da soli non possiamo raggiungere anche se le sentiamo vere e necessarie. Il dramma di essere liberi ci rende ambivalenti e ambigui, selettivi e dipendenti dalle circostanze. Il dono dello Spirito ci rafforza per essere noi stessi senza compromessi o selettività. Essere buoni! Non è fare i buoni. Essere nella gioia non si riduce al demandare a qualcosa per tenerci allegri. Essere miti non arrendersi alla prepotenza. E così via. "Perciò – conclude Paolo – se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito".

23/5/21

Letture: At 2,1-11; Sal.103; Gal 5,16-25; Gv 15,26-27;16,12-15


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don Ezio Stermieri
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