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13/6/21 - XI Domenica t.o. anno B


Chi è stato iniziato ed educato alla Parola di Gesù trasmessa dal Vangelo inevitabilmente la sente rivolta a sé, alla quotidianità della propria vita. Gesù stesso è la Parola ed il suo linguaggio è nello stesso tempo semplice, immediato e pur tuttavia molteplice di rimandi alle tante situazioni che l'esistenza comporta. Prendiamo il brano di Marco ora ascoltato: "Gesù diceva alla folla (e dunque a ciascuno): «Così è il Regno di Dio, come un uomo che getta il seme sul terreno»". Da una parte dice il perché e la novità della sua missione: il Regno, la Signoria di Dio, in riferimento al seme, la dinamica. Non tutto immediatamente ma nel divenire della storia che è il terreno con tutte le sue differenze, positive o negative. Contemporaneamente anche l'uomo, ognuno di noi, è come un seme piantato nel divenire della vita della quale bisogna accettare la legge: uomo, donna, cristiano si diventa.
Gesù poi parla di questa crescita: il primato dell'azione è di Dio. Osservazione importante per noi portati a pensare di essere protagonisti assoluti del nostro io e dimentichi dell'importanza di chi accoglie, fa crescere, educa… in una parola ai tanti doni che sono condizione della crescita sia fisica, che mentale, che affettiva e anche nella fede. Gesù, in riferimento alla vita di quel seme, divenuto spiga, parla di mietitura e non dunque di un inevitabile assorbimento, la morte, nel terreno. E questo non è secondario per una valutazione del senso della vita.
Gesù parla poi di un seme piccolo, un granello di senapa, che può apparire di poca importanza. E questo vale di quel Regno che ha il suo inizio nella Chiesa e della nostra individualità eppure è destinato nella sua realizzazione a farsi relazione, accoglienza, ristoro, sicurezza: gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra. E, quante concretizzazioni potremmo trarre! La vita non si realizza nell'egoismo ma nell'aiuto reciproco.
Anche l'Antico Testamento, abbiamo sentito Ezechiele il profeta, aveva preso coscienza che quel popolo piccolo, insignificante come un ramoscello innestato da Dio nell'umanità e per l'umanità, aveva un compito essenziale per tutte le nazioni: essere il segno della benedizione, principio di pace, portatore di civiltà e umanità. Noi siamo la continuità di quel ramoscello divenuto albero: spiga, ulivo, vite (tutte allegorie del popolo di Dio!) per il futuro della vita umana. Solo l'uomo che non si misura con Dio e non sa di essere stato piantato da Lui o si esalta fino al ridicolo o si abbassa alla animalità istintiva.
L'alternativa, ce l'ha ricordata San Paolo, è la responsabilità di fronte alla iniziativa di Dio e del suo Regno: tutti dobbiamo comparire davanti a Dio per rendere ragione della nostra scelta di vita e ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute.

13/6/21

Letture: Ez 17,22-24; Sal 91; 2 Cor 5,6-10; Mc 4,26-34


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don Ezio Stermieri
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