PARROCCHIA SS. ANNUNZIATA - VIA PO, 45 - 10124 TORINO - TEL. 011 817 14 23

orario messe - orario confessioni - orario ufficio

HOME

8/8/21 - XIX Domenica t.o. anno B


"I Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal Cielo»". La mormorazione è il parlare che obbedisce al pregiudizio non dimostrabile della impossibilità di quanto afferrato: "Io sono il pane disceso dal Cielo".
Siamo di fronte al cannibalismo di gente lontana e barbara o di sette abominevoli. Anche dei cristiani si dirà che mangiano i bambini, infarinati… Mangiano il "pais" che vuol dire "fanciullo", ma anche il "servo": si nutrono di Cristo, il Servo di Jahvè. Anche oggi si mormora, si insinua dell'assurdità delle religioni e particolarmente del Cristianesimo, tanto che la persona religiosa lo è per tradizione, per fideismo, per cultura senza verificare la verità delle affermazioni della fede.
Oggi come allora l'accostarsi a Gesù si riassume: "Costui non è Gesù, il figlio di Giuseppe? E lo conosciamo". Gesù come uomo "normativo" dal profondo messaggio morale che non può venire da Dio perché o non esiste o non si dà o non abbiamo categorie di "ragione" per poterlo credere.
Oggi come allora Gesù ci pone ad un bivio che supera la religione come cultura. Se Dio si comunica, entra nella storia, deve partire da un punto storico, geografico particolare. Difatti ha scelto un luogo periferico, un popolo emarginato e privato da valori essenziali: libertà ed autonomia. E a ben guardare non poteva che essere così. Dio non parte da dove l'uomo presume di essere sufficiente a se stesso per salvarsi ma da dove la povertà in tutto il ventaglio delle sue possibilità ha bisogno di uno Spirito, un nutrimento, una forza di liberazione e mantenimento della libertà che da solo non si può dare. "Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da Lui, viene a me". "Se uno mangia di questo pane", non quello che prescinde da Dio, ma dal Cielo. Chi si nutre di Cristo, della sua Parola, del suo Spirito quando stende la mano al Segno del Pane sacramentale ha dunque in sé concretamente quello che il pane comune rappresenta per vivere e non morire di fame.
Il libro dei Re (prima lettura) ci presenta Elia che ha bisogno di forza per fuggire dalla persecuzione. Sperimenta di non farcela. Vorrebbe morire. Ed ecco la novità. Gli è offerto un "pane": "Alzati e mangia" e "con la forza di quel cibo cammino per 40 giorni!"…
Oggi, il pane di cui abbiamo bisogno perché ne abbiamo perso il sapore, il profumo, la necessità, è il pane della carità, dell'amore gratuito che solo Dio ci può dare per non rimanere impigliati nell'egoismo, nell'interesse; per non fermarci all'homo oeconomicus dove anche la relazione è normata dall'occhio dell'ingordigia.
Dice Paolo: "Fatevi imitatori di Dio (affamati del suo Pane che è Cristo) e camminate nella carità nel modo in cui anche Cristo ci ha amati (dando la vita!) e ha dato se stesso per noi, offrendosi". Non c'è altro modo di salvare, rendere umana la vita, condividere il pane della comune fatica e aprirsi a quel "Cielo" come spinta all'Oltre, al futuro, alla vita eterna che sostanzia e rende prezioso anche il pane quotidiano.

8/8/21

Letture: 1 Re 19,4-8; Sal.33; Ef 4,30-5,2; Gv 6,41-51


Torna alla pagina iniziale
Visualizza tutte le omelie


don Ezio Stermieri
Le omelie