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26/9/21 - XXVI Domenica t.o. anno B


Quando si dice "cristianesimo" si vuole, si deve risalire ad un fatto, un evento inerente una persona: Gesù di Nazareth riconosciuto come il Cristo, il Messia rivelatore di Dio Padre che lo invia ad inaugurare il Regno che salva la vita.
Necessariamente, entrando nella storia, interpella il pensiero evolutivo dell'uomo: le sue filosofie, la sua innata religiosità, le sue visioni sociali, la faticosa ricerca di un ethos, una morale. Ma è sempre, prima di tutto, un incontro che orienta, qualifica, dà forma ad una morale: l'identità cristiana.
La pagina di Marco or ora ascoltata ci pone di fronte al "come" Gesù rivela con la sua persona l'ethos del discepolo. Ad un primo approccio dobbiamo constatare quanto sia alternativo alla morale, al pensiero corretto della morale, oggi, corrente. Rivoluziona più che le strutture del comportamento il cuore, lo sguardo, la scala dei valori di chi vuole essere dei suoi.
La cronaca della vita di Gesù racconta di Giovanni che chiede a Gesù di impedire a quanti non fanno parte del suo seguito che facciano del bene in suo nome. Siamo di fronte alla ritornante identità esclusiva. "Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome»" e sia un nemico. Anche il più piccolo gesto di fraternità, un biccher d'acqua, costruisce il Regno di Dio. Se ne potrebbe ricavare che l'etica cristiana ha il discernimento per evidenziare ovunque e in chiunque una capacità di bene. Il bene e il male non seguono le categorie mondane della supremazia di una cultura. Prima o poi si finirebbe nel razzismo come la storia umana, senza Dio, evidenzia.
Ancora. La tendenza umana sorretta dal solo suo ragionare a separare cose buone da cose cattive secondo un certo concetto di cultura, natura, tradizione, appartenenza arrivando, come constatiamo, a definire buono ciò che l'individuo, a seconda delle circostanze, constata buono per se stesso. Gesù pone la priorità del discernimento nell'interiorità, nel cuore creato su misura di Dio e nello sguardo che interpreta per sé o per il bene comune le singole azioni. La mano che agisce, l'occhio che valuta, il piede che cammina verso... La persona diventa il criterio morale sapendo che a Dio in prima istanza si dovrà render conto della vita ricevuta e non alla "gente" che salva l'apparire e trascura l'essere.
È Dio il criterio. Mosè (prima lettura) se ne fa interprete. "Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti". Gente che davanti a Dio scruta il cuore dell'uomo e davanti all'uomo richiama alla santità di Dio che fa sorgere il sole su tutti e attende il ritorno di chi ha sbagliato strada.
Abbiamo sentito Giacomo nel suo istruire la prima comunità cristiana come denunci l'apparire che viene accolto e onorato e che scivola nella scarsa attenzione per le persone. Una morale dell'avere e che trascura l'essere scivola in quelle ingiustizie che causano infinite sofferenze. Il cristiano ricava il suo ethos da Cristo.

26/9/21

Letture: Nm 11,25-29; Sal.18; Gc 5,1-6; Mc 9,38-43.45.47-48


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don Ezio Stermieri
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