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5/12/21 - II Domenica di Avvento anno C


Il mondo, l'umanità dunque, quando nega Dio e lo dichiara morto, in realtà nega le tante idee umane di Dio e lo stesso ateismo è il vuoto che reclama un Dio che non appaia despota lontano ma si curvi, si comprometta, si riveli presente nelle tante povertà umane e le riscatti e ridefinisca l'uomo nella sua dignità e restituisca all'orizzonte verso il quale si inoltra nella storia la felicità di cui senti desiderio.
Ed è proprio Luca, proprio nella pagina ora ascoltata, ad assicurare che la storia non è un ripetersi all'infinito in una ciclicità che non ammette riscatto, rimedio, salvezza. La storia con il suo succedersi di personaggi: "Nell'anno quindicesimo… mentre…" va verso un punto che la compendia e le dà nuovo inizio: "La parola di Dio venne su Giovanni, nel deserto" dei valori, di senso che i tanti poteri non riescono a dare. "Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri". Ci sono gli avvallamenti in cui l'umanità per egoismo perde se stessa e ci sono i colli della superbia, dell'avarizia che generano le guerre, gli odi, i muri, il pianto senza fine dei poveri, di quelli che non hanno potere contrattuale e diventano pedine lanciate sul campo opposto. Mettersi in cammino, raddrizzare i sentieri tortuosi che promettono salvezza e conducono al disastro, vivere l'Avvento, per dirla con il nostro linguaggio, porta alla novità: "Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio".
Questa "novità" di Dio interpella la fede posta nella storia come lievito, speranza sicura e chiede per il salto di qualità quanto Paolo ricorda ai Filippesi: "La vostra cooperazione per il Vangelo". E continua, qualora anche noi rimanessimo stupiti e incerti: "Sono persuaso che Colui il quale ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù".
Siamo lontani dalla ripetitività melensa del Natale con il succedersi di riti di cui si è perso il senso e diventano consumo secondo leggi del profitto e non dei valori. Qui è chiesto di cooperare e, per cooperare, fare la fatica del bene, credere che il mondo può cambiare solo se cambio io, solo se cambiamo noi; solo uscendo da quella circolarità della vita che un po' ci stordisce e un po' ci rende ribelli e in cerca dei colpevoli della stasi del vivere.
Già Baruc, il profeta, invitava Israele a non smarrire la linea messianica dell'attesa e della speranza e incalzava: "Sorgi, Gerusalemme, sta' in piedi sull'altura… Ora Dio riconduce in trionfo come sopra un trono regale".
È vero che viviamo un tempo nel quale dopo la presunzione di fare a meno della presenza di Dio ci troviamo confusi. "Ci siamo allontanati", ci siamo illusi che un nuovo dio assicurato, il progresso, ci avrebbe riempito senza fine di benessere. Ma proprio dal vuoto, dallo smarrimento, dall'ateismo pratico e dall'indifferenza esibita può salire, anzi sale il grido: vieni, non tardare!

5/12/21

Letture: Bar 5,1-9; Sal.125; Fil 1,4-6.8-11; Lc 3,1-6


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don Ezio Stermieri
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