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23/1/22 - III Domenica t.o. anno C


Ci introduce nel Tempo Ordinario della Liturgia, paradigma della quotidianità della vita, l'evangelista Luca che sarà il catechista di un intero anno. Luca, cristiano della seconda generazione e che dunque non ha visto Gesù e proprio per questo consegna anche a noi il compito di non ridurre a "mito" l'evento, la persona di Gesù. Ha nel credere lo sforzo di raggiungere il nocciolo storico della fede in Gesù, la rocciosità, il rendersi conto della solidità, della storicità della fede, al fine di non renderla evanescente, episodica, laterale alla concretezza quotidiana del vivere.
È proprio quanto abbiamo or ora ascoltato circa il metodo della ricerca degli avvenimenti compiuti, dice, in mezzo a noi; trasmessi da testimoni oculari, divenuti ministri della parola che è Cristo e dunque non asserviti a precomprensioni ideologiche, mitiche, pseudoreligiose, al fine di fare di ogni cristiano un testimone attraverso la sua stessa esistenza. Ed ecco il primo incontro con Gesù all'esordio della sua missione. A Nazaret, dove era cresciuto, di sabato, nella sinagoga, con il rotolo della Legge, della Scrittura in mano. E con la sua voce che presenta la sua identità: lo Spirito del Signore è sopra di me: consacrato, mandato a portare ai poveri il lieto annuncio. "Oggi"! E in questa parola si staglia la figura di Gesù. Egli è l'oggi di Dio per la nostra salvezza. Egli è la Parola che porta l'umanità al bivio del pensare che Dio è lontano, assente dalle nostre povertà e fallimenti, geloso della nostra felicità riconducibile alla casualità del vivere o il Dio che si è curvato sulla nostra miseria, si è fatto carico della nostra presunzione con gli inevitabili fallimenti, entra nel nostro oggi banale e fonte di noia e false salvezze e fa risuonare l'oggi di Dio per noi: "Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta la Scrittura che voi avete ascoltato»".
Quella Scrittura, come abbiamo ascoltato (prima lettura) da Neemia che aveva radunato un popolo di ritorno dall'esilio e che doveva ritrovare la forza, il coraggio, lo spirito per ripartire, ricominciare. Ecco allora la tribuna perché la voce del sacerdote arrivi a tutti. Ecco la prolungata lettura e ascolto. Ecco la commozione nel sentire che Dio non ha abbandonato, non abbandona oggi, non abbandonerà mai il suo popolo. Ed è subito festa. La festa della vita che nella fatica quotidiana del costruire e ricostruire ha trovato l'alleato, Dio stesso compromesso nella nostra povertà, Dio stesso divenuto in Gesù Cristo la bella-buona notizia: il Vangelo ai poveri o di ogni povertà.
Chi siamo noi? A questo punto la domanda è legittima. Chi sono i cristiani? La risposta di Paolo (seconda lettura) è all'altezza del compito che ci attende anche oggi, in questo "oggi". Siamo il corpo, la continuazione nella storia quotidiana dell'evento Cristo. Un solo corpo, tante membra e compiti; un solo Spirito, quello di Gesù, un solo mandato: il Vangelo perché nessuno, anche oggi, si senta solo, abbandonato, ai margini del disegno di Dio: fare di Cristo il principio, il metodo, il fine, il contenuto di un mondo intento a ricostruire se stesso.

23/1/22

Letture: Ne 8,2-4.5-6.8-10; Sal 18; 1 Cor 12,12-31; Lc 1,1-4;4,14-21


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don Ezio Stermieri
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