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27/2/22 - VIII Domenica t.o. anno C


"Gesù prese a dire ai suoi discepoli". Luca l'evangelista raccoglie nella prima comunità cristiana alcuni insegnamenti pratici, della vita quotidiana di Gesù che, trasmessi, diventano l'humus educativo e formativo di coloro che sono diventati cristiani.
Risalta subito la novità, la differenza nel modo di insegnare di Gesù rispetto a quello che va per la maggiore, basato sulla colpevolizzazione, sul negativo. Non così Gesù: "L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene". Il brano evangelico fa poi emergere tre ambiti della vita cristiana: il pensare, il guardare, il fare-l'agire.
"Un discepolo non è più del maestro". È rovesciato il nostro modo di pensare. Quale allievo non sarebbe in grado di insegnare al suo maestro come fare? Un figlio, suo padre? Un cittadino, il politico? Un calciatore, l'allenatore della nazionale? L'invito è dunque al rispetto della competenza, a cogliere nell'educatore il positivo, tenendo conto che a nostra volta, tutti, siamo, con la parola, l'esempio, trasmettitori di contenuti educativi, di quella che è chiamata "correzione fraterna".
"Perché guardi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello…"? Anche oggi siamo sommersi dalle denunce del male, del torto, dell'ingiustizia che vediamo negli altri. I social, i giornali, le riviste, il chiacchiericcio ci inondano di giudizi sprezzanti. Il cristiano comincia dalla trave che è nel suo occhio. Il mondo cambia non se riesco a cambiare il fratello ma se cambio io nel mio piccolo o nel grande delle responsabilità che abbiamo. Ed educare, insieme, la generazione che sale presuppone un esame di se stessi per non invalidare quello che insegniamo.
"Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo". Se è vero che ognuno porta le ferite, le incapacità nell'agire per i limiti educativi e formativi ricevuti, ed oggi soprattutto per non essere stati addestrati alla continuità, alla fedeltà, all'appartenenza, è ancora più vero che quanto di buono c'è in noi l'abbiamo ricevuto. Quanti esempi positivi portano in noi frutti di bene. Adesso tocca a noi, e non parlo solo di noi adulti, perché sappiamo il ruolo delle amicizie, delle compagnie, delle classi scolastiche, dei compagni del tempo libero. Siamo responsabili gli uni degli altri. Per questo il Siracide riassume il tutto nella relazione, nella parola, nel linguaggio che evidenzia il positivo e il negativo: "Il modo di ragionare – dice – è il banco di prova per l'uomo".
San Paolo poi non necessita neanche un commento tanto è lapidario nell'intrigante compito del convivere, dell'essere Chiesa, famiglia, società: "Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell'opera del Signore (interessante questo rilievo! Non è solo in gioco un tipo di persona o società ma il Regno di Dio!), sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore".

27/2/22

Letture: Sir 27,5-8; Sal. 91; 1Cor 15,54-58; Lc 6,39-45


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don Ezio Stermieri
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