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3/4/22 - V Domenica di Quaresima anno C


Ogni sosta del cammino quaresimale è stato un invito di Dio con la sua Parola ad un ritorno, una conversione, a quei momenti, situazioni della vita nei quali abbiamo preso la via del nostro "io", quello istintivo, in difesa, all'attacco. Quello che vuol far consistere la vita nell'avere, nel potere, nel narcisismo malmostoso perché riemerga e vinca il nostro "io" persona, relazione, comunicazione, gratuità. Ritorno alla interpretazione della vita nella sua materialità: la cultura dal profilo basso, pratico, dell'utile, dell'interesse, del guadagno assicurato per guardare al bisogno di "oltre", di vedere dall'alto, oltre la figura: ricuperare del nostro "io" la trascendenza. Superare una concezione di Dio proiezione del nostro "io", come Abramo essere sorpresi da un Dio che non vuole la morte ma la vita, l'alleanza per una storia divenuta storia della salvezza.
Oggi, poi, si tratta infatti di dare una risposta meno epidermica e affrettata in vendita sul mercato della chiacchiera. È inerente a quanto nel vivere sociale turba, scandalizza, spinge ai margini del campo della lotta per… sopravvivere. Per esempio: qual è la causa del disagio giovanile dilagante che fa della trasgressione la normalità? Che cosa nasconde il fenomeno immigratorio da poter essere strumentalizzato da certa politica politicante? Che cosa il commercio per la prostituzione, la vendita degli organi, lo squilibrio tra gli assi portanti del vivere sociale e via discorrendo?
È sufficiente la risposta del pensiero dominante: ognuno è libero di fare quel che vuole! Ma il disagio non è tolto. Bisogna saper convivere. Ma non toglie le cause della sofferenza di essere "scarto" senza redenzione. La reazione di Gesù di fronte alla denuncia di una donna adultera, degna di lapidazione, scende nella profondità della coscienza dei denuncianti. "Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra". Tradotto: siamo tutti, uno per uno, responsabili della morale pubblica non per inventare buone leggi punitive e dirimenti ma sul piano educativo, integrante, accompagnante ciò che fin dalla famiglia, dalla scuola, dall'iniziazione al lavoro, nell'uso del tempo libero… potrebbe deviare e unire insieme trasgressione, rinuncia alla propria dignità e disagio.
In questo sta dunque la conversione: passare dal punitivo, dal disprezzo, dal non vedere, dalla denuncia, dalla ricerca del colpevole (sempre l'altro?) alla riserva che Dio ha posto nel cuore dell'uomo per quella che don Bosco chiamava educazione preventiva.
Noi cristiani, discepoli del Vangelo, di Gesù dovremmo essere dediti all'inventario delle condizioni per prevenire il disagio, che un uomo, una donna, un giovane arrivi alla vendita di se stesso per raggiungere quanto gli è dovuto: una cultura, una professione, la possibilità di amare nella continuità, l'investimento di sé non nella trasgressione ma nella bella consapevolezza che sta collaborando al bene comune.
È utopia? No! È tradimento spingere ai margini e scandalizzarsi perché non gli è stato dato di integrarsi. Noi, nel nostro piccolo – ha detto il nuovo Vescovo – abbiamo la bellezza dilagante del Vangelo; vediamo di non essere proprio noi che, turbati dall'oggi che viviamo, abbiamo spinto ai margini della vita il Vangelo. "Non ricordate più le cose passate", ci ha detto Isaia. E dunque guardiamo con fiducia al futuro che noi possiamo costruire.
Anche noi come Paolo, raggiunti da Gesù Cristo, continuiamo a correre perché il "giudizio" di Gesù sia lievito per il nostro e comune futuro.

3/4/22

Letture: Is 43,16-21; Sal 125; Fil 3,8-14; Gv 8,1-11


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