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14/4/22 - Giovedì Santo - "in Coena Domini"


Prime Comunioni

Mi rivolgo subito a voi che per la prima volta, nella nostra chiesa fatta Cenacolo, permettete a Gesù divenuto Pane di fare tutt'uno con ciascuno per diventare grandi come Lui e proprio nel giorno del "mandato": fate questo fino al mio ritorno. È la "Messa". È diventare suoi, proprio come ha detto quella sera: "Avete capito quello che ho fatto? Vi ho lavato i piedi perché anche voi lo facciate a vicenda". È proprio quanto anch'io sto facendo per voi. Lavare i piedi era accoglienza dalla strada polverosa; era il sollievo della frescura per mettersi a tavola tra amici che mettono in comune la vita perché hanno mangiato lo stesso Pane. Per noi è nutrirci della parola, del pane, dello Spirito che è Gesù per noi. Dovete dunque capire che da oggi non siete più solo il centro della premura, della cura, dell'amore che vi circonda. Voi diventate capaci di essere per papà e mamma, per i fratelli e gli amici, per i vostri insegnanti, per tutti coloro che fanno parte della vostra vita, ragazzi accoglienti, amici, comprensivi, servizievoli, capaci di condividere la fatica altrui, il loro essere, talora, stanchi, polverosi a causa di una vita non facile. Siete per noi che vi guardiamo il segno che l'essere cristiani, l'essere di Gesù, la nostra comunità ha un futuro.
Ma ora voglio rivolgere a voi genitori una parola che desumo dal racconto della Pasqua del popolo dell'alleanza nel quale Cristo pone il suo essere Pasqua. "Se la famiglia fosse troppo piccola si unirà al vicino". È un'avvertenza che arriva puntuale nel nostro "oggi" che quasi impone la mobilità, il non avere un punto di appartenenza stabile. Senza nostalgia di una civiltà tramontata, rimane vero che per crescere bisogna mettere radici, bisogna che questi piccoli imparino a conoscere ed essere riconosciuti in una comunità che trasmette il suo essere, la sua cultura e così educa, forma, addestra al diventare grandi, stabili, pronti ad ogni cambiamento. Non deve rimanere per questi ragazzi, al momento di desatellizzarsi dalla famiglia, il branco o il "virtuale"; sarebbe tragico. Ecco allora: se la famiglia è piccola, si unisca. Abbiamo bisogno di ricuperare l'appartenenza ad una nazione, ad un popolo, ad una chiesa. Una educazione che unisca l'umanità come famiglia affinché il "divisore" non introduca la guerra, l'inimicizia, il bullo di turno. Abbiate l'avvertenza che quanto trasmettete di voi stessi possa mettere radice.
Ed ora una parola a voi che mi siete stati affidati perché ripetessi per voi e con voi il gesto di Gesù. Chi siamo come cristiani singoli e comunità ce lo ha detto San Paolo: "Io vi ho trasmesso quello che a mia volta ho ricevuto". Trasmettere è la dinamica, la vita di una comunità. Non il ristagno di una fede che finisce dove termina il proprio "io" ma una dilatazione di ognuno per il bene comune. Lo Spirito che trasforma il pane e il vino in Cristo per noi è lo stesso Spirito che trasforma le diversità, servizi, ministeri, accoglienze, catechesi, empatia per ogni uomo, il nostro diventare Chiesa nel Corpo di Cristo.

14/4/22

Letture: Es 12,1-8.11-14; Sal.115; 1 Cor 11,23-26; Gv 13,1-15


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don Ezio Stermieri
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