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11/12/22 - III Domenica di Avvento anno A


Scorrendo, forse per primo, la Parola con la quale Dio ci avrebbe accolto in questa terza domenica di Avvento, mi è parso quanto mai puntuale quanto Isaia riferisce come profezia: "Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, viene a salvarvi»". È dunque una questione di cuore perché con il cuore si comprende, si affronta, si attraversa la realtà. Il cuore ha delle ragioni che la ragione da sola non riesce a comprendere, diceva Pascal.
E Dio non può dire di più. Quanto ci comunica parte dal suo cuore e, così ci dice, senza il cuore perdiamo l'amore e quanto è difficile vivere se non si ama ciò che ci è dato. È persa la gioia ed inutilmente noi demandiamo a qualcosa o a qualcuno la nostra felicità se il cuore si è inaridito, non avverte più la gioia del diventare grande per un ragazzo; costruire un amore che sappia di famiglia, vivere con intelligenza, creatività il proprio lavoro, coltivare la speranza della guarigione, fino a fare della stessa vita una attesa attiva, un avvento gioioso verso la pienezza della gioia.
Del resto, il coraggio che viene dal cuore di Dio è per una terra divenuta deserto di valori, aridità di solidarietà. Una umanità cieca nell'individuare, da sola, la strada, sorda al grido dei disperati fuggitivi, zoppicante per le cattive posture e di immobilismo di fronte al decidersi, senza parole di accoglienza e accompagnamento. A questa umanità è indicato il sentiero, la strada che "chiameranno via santa", percorso sul quale incontrare il Santo, Dio, che libera dalla tristezza della solitudine e il pianto di troppa parte dell'umanità. La storia millenaria dell'avventura cristiana consegna anche a noi la domanda cruciale a Gesù: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?".
La risposta mette il proposito della costanza, rinfranca i cuori, ci è comunicato che, in Gesù, il Signore è vicino non solo nel tempo ma anche nello spazio del nostro vivere. Ce lo conferma l'Apostolo Giacomo (seconda lettura) e ci pone come agricoltori che non si stancano di seminare il bene e attendono senza smarrirsi il raccolto.
Quanti incontrando Gesù hanno ripreso a vedere il senso della vita ed il suo orizzonte, hanno ripreso a camminare con la fede e la gioia di credere nel cuore, hanno ricuperato l'autentica identità di figli di Dio e fratelli di ogni uomo, sono risorti perché perdonati e divenuti dono per gli immancabili poveri esclusi dal benessere e spinti ai confini del vivere dignitoso.
Beati, felici, gioiosi anche noi se, anziché vedere in Cristo un ostacolo alla nostra felicità, abbiamo scoperto la gioia interiore, la spinta propulsiva generata dal Vangelo. Non mancano neppure oggi i Giovanni Battista che non si presentano come i "Messia" di turno ma indicano in Gesù la salvezza attesa, il riscatto dall'immobilismo interiore, dalla diffidenza che l'uomo possa riscattarsi. Costoro, noi se lo vogliamo, siamo i descritti da Gesù stesso: "Il più piccolo nel mondo nuovo, il Regno dei Cieli, la Signoria di Dio, è più grande dello stesso Battista, il più grande tra i nati da donna".

11/12/22

Letture: Is 35,1-6.8.10; Sal. 145; Gc 5,7-10; Mt 11,2-11


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don Ezio Stermieri
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