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6/1/23 - EPIFANIA DEL SIGNORE


L'evento cristiano, il fatto della Incarnazione del Figlio, è carico di secoli e, il nome che lo identifica, il succedersi delle generazioni non l'ha toccato e così, oggi, ancora lo chiamiamo: Epifania: manifestazione piena, irradiazione di quella luce, la stella, che partendo da un punto della nostra geografia: Betlemme si è espansa fino a raggiungere i confini della terra. Quella luce ha messo in movimento l'umanità verso un incontro decisivo per la convivenza e la pace dell'umanità.
Già Isaia aveva previsto da lontano l'evento e l'avvento messianico che avrebbe messo in moto popoli diversi verso Gerusalemme, verso il Dio degli dei, padre che rende le diversità ricchezza, risorsa per un mondo nuovo.
E, Matteo, nel suo Vangelo, riprende e attualizza quel cammino con il racconto dei Magi, uomini che noi definiremmo esperti in umanità. La loro saggezza individua in ogni uomo il desiderio, l'attrazione e la spinta verso un "oltre" che supera i tanti desideri umani perché è posto nel cuore umano dall'Alto, dal Cielo, da Dio. Ed eccoli da Erode perché è da Israele che il fiume della pace arriverà a fecondare l'umanità tutta. Erode consulta i suoi saggi. Deve nascere a Betlemme. Questo idumeo, neanche Ebreo, prono verso il potere romano che lo detesta ma lo sfrutta, avido fino a far ricostruire il tempio per arricchirsi delle offerte, chiede di sapere dove sia questo re che è nato per andare anche lui a rendergli omaggio. In realtà farà uccidere tutti i bambini di Betlemme per paura di essere scalzato nel suo potere. Ma per altra strada, i Magi, faranno ritorno.
Come a dire che il diffondersi della Luce che viene dal Cristo trova sempre ostacoli, impedimenti, tentativi di spegnimento, ma i saggi di ogni tempo individuano i percorsi perché il Vangelo non si arresti. Il modo per essere noi, cristiani, la stella che i Magi hanno seguito e che li ha condotti alla gioia grandissima dell'incontro e la costanza di un ritorno per diventare essi luce, sapienza, via per l'umanesimo che la venuta del Messia, la nascita di Gesù ha portato nel mondo.
San Paolo, l'abbiamo sentito, partendo dall'evento-Cristo che porta a compimento il disegno del Padre e mettendo nel cuore il desiderio di un ritorno a Dio e di una spinta verso l'umanità intera, parla del superamento di ogni differenza. La luce attraversa i mari, supera le montagne, naviga i fiumi, arriva alle isole lontane, affratella i popoli. La Chiesa non è altro che la guardiana del faro, la garante della luce, non sua, ma che è Cristo e il suo Vangelo e cristiani sono i diffusori dello Spirito che fa nuove tutte le cose.
Ecco l'Epifania, la parola che neppure noi possiamo cambiare perché suggella la nostra identità: senza remore, senza selezioni, senza privilegi diffondere la luce che è Cristo, conservare e far emergere nell'uomo, fin da piccolo, il desiderio che lo definisce, lo trae dal proprio io individualista e lo fa fratello di Cristo e di ogni uomo, figlio nel Figlio. Non è forse questo il presepio che insieme andiamo a contemplare? Non è forse questo il progetto, la festa che al di là dell'Epifania nessuno ci può portare via?

6/1/23

Letture: Is 60,1-6; Sal 71; Ef 3,2-3.5-6; Mt 2,1-12


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don Ezio Stermieri
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