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15/1/23 - II Domenica t.o. anno A


Lasciamo che sia Giovanni Battista, nel nostro appuntamento domenicale con il Vangelo, a presentarci Gesù come il Cristo. Lui che ha detto di sé: bisogna che Egli cresca ed io diminuisca e così definire il nostro diventare cristiani e Chiesa. Comprendere di essere chiamati e leggere la nostra vita come risposta.
Sono due le immagini che Giovanni usa per indicare Gesù come salvezza entrata nella storia umana: Agnello e colomba.
Agnello, e la parola si carica del suo doppio significato. L'agnello che, caricato dei peccati del popolo, spinto nel deserto, rimette nella condizione di vivere nella fedeltà all'alleanza. "Talia" dice l'ebraico che dice anche il "servo" come Isaia l'aveva preannunciato: agnello pasquale: come pecora muta davanti a chi lo spoglia. Si è caricato del peccato del popolo: morto al nostro posto eppure vivo, risorto, vittorioso secondo le parole, l'immagine dell'Apocalisse.
Giovanni poi dice di aver visto su di Lui posarsi la Colomba, nel linguaggio figurativo ebraico: lo Spirito del Signore. Spirito che raduna i dispersi, guarisce i malati, consola quanti sono nel pianto. Vento che spinge verso la libertà, la giustizia. Supera la Babilonia umana e restituisce l'unico linguaggio proprio dell'uomo: l'amore reciproco. Colomba. Così l'antico Israele definisce se stesso ed è lo stesso Spirito, il Paraclito che riunisce il nuovo popolo di Dio posto nel consorzio umano come fermento di pace.
Abbiamo così in sintesi, prima di seguire una settimana dopo l'altra, nella ordinarietà della nostra vita, il segreto, la missione della scelta cristiana. Siamo dei chiamati. La nostra scelta di diventare cristiani, personalmente, è risposta, e fare tutt'uno con Cristo, battezzati, immersi nella sua divinità, ricuperiamo l'autentica identità del nostro umanesimo. Anche noi come Chiesa capaci di farci carico del difficile compito di indicare, anche oggi, la via del riscatto proprio quando si è perso lo "spirito" e il movimento è ridotto alla pura materialità della sopravvivenza anche se comporta la morte, la schiavitù, l'esilio, la mortificazione dell'altro.
Ecco perché ci riuniamo attorno all'Agnello vittorioso, il Risorto che attraversando la morte ci ha restituito alla vita, quell'abbondante, quella eterna. Insieme con Lui diventiamo cellule sane e risanatrice di un corpo, l'umanità afflitta dal cancro che spegne il sogno del bambino, annulla l'aspirazione del giovane, disintegra l'amore della famiglia, rende nemico, sospetto, pericolo l'altro che si affaccia sulle nostre giornate, maledice il bisogno, guarda alla morte come fallimento esistenziale.
Ecco il Vangelo. Non è così. Vince l'Agnello che si fa carico, vince la Colomba che riunisce come unica famiglia umana la diversità divenuta ricchezza dei popoli. È il cristianesimo che anche oggi è chiamata e risana solo con la nostra risposta personale ed ecclesiale.

15/1/23

Letture: Is 49,3.5-6; Sal 39; 1 Cor 1,1-3; Gv 1,29-34


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don Ezio Stermieri
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