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29/1/23 - IV Domenica t.o. anno A


La risposta alla chiamata di Cristo che cammina in mezzo a noi attraverso la storia e ci rende cristiani, seminatori del Vangelo senza la impazienza di raccogliere, pescatori di uomini senza la fretta del pescato, numerosi talvolta fino a parlare di cristianità e talora piccolo gregge che non deve temere perché ha ricevuto il segreto, la chiave per entrare nel Regno che Gesù ha annunciato, ci immette nella novità di Dio per ogni uomo e tutto l'uomo.
Il Regno che traccia la nuova identità e il nuovo compito di chi ha risposto: la missione ha una legge, uno statuto che non delimita un pensiero anche se un pensiero consegue, non è in prima battuta una morale acquisita anche se un'etica gli è implicita, neanche una nuova religione anche se dà valore alla religiosità umana, è una legge, uno statuto esistenziale e noi da Matteo ne abbiamo ascoltato gli articoli. La costituzione del nuovo popolo di Dio ha intrinseca la dinamica che la rende nuova, unica, definitiva. Eccola. La beatitudine che racchiude la tensione della vita entra all'interno del vivere la propria esistenza a partire dalla povertà di tempo che ci definisce mortali, dalla solitudine con il pianto come suo linguaggio, dalla debolezza che ci rende vittime di ingiustizia, della falsità, perfino della marginalità e anche troppo spesso di vera persecuzione e pone: ecco la legge, la forza, il coraggio, la resistenza, l'attraversamento che rende felice, beato della gioia che Dio mette nel cuore per ripartire, risorgere, sperare e sporcarsi le mani nel fango della vita per essere costruttori di pace.
Siamo all'essenza del cristianesimo, quello sperato e promesso nell'antica alleanza e nel cuore dell'uomo da sempre: "Cercate il Signore voi tutti, poveri della storia, cercate i suoi ordini, la sua legge dunque, cercate la giustizia, l'umiltà…" aveva ordinato il profeta Sofonia e ogni altro profeta o profezia: "Potranno pascolare e riposare senza che alcuno lo molesti". Il mondo nuovo, il Regno dei Cieli, comincia dunque qui, parte da noi pochi o tanti che siamo se non partiamo da categorie sociologiche ma teologali.
San Paolo, poi, ci ha dato come regola di vita un apparente paradosso che contiene la soluzione, la nuova interpretazione della vita che non parte dai nostri ragionamenti dove la verità è ciò che pare evidente ma è potenza donata da Dio e accolta. "Dio ha scelto quanto è stolto per il mondo, quello che è debole" per confondere i forti. "Quello che è nulla lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono".
Parte dunque dalla nostra pochezza, dal nostro fallimento esistenziale per introdurre nella storia "la vera sapienza, la giustizia, la santificazione e redenzione". Lo scoraggiamento e la malinconia di tanti cristiani di oggi sono il risultato del confronto con modelli mondani di realizzazione. Noi con Paolo concludiamo: quando sono debole è allora che sono forte, della forza di Dio.

29/1/23

Letture: Is 8,23-9,2; Sal.26; 1Cor 1,10-13.17; Mt 4,12-23


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don Ezio Stermieri
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