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2/4/23 - Domenica delle PALME anno A


Le due parti dell'odierna liturgia della domenica delle Palme sono il retro e verso dello stesso dramma dove i protagonisti, Dio e l'umanità, sanciscono il patto di una nuova ed eterna alleanza nell'evento messianico: Gesù Cristo.
Con la processione, l'acclamazione dell'"Osanna!", anche noi riconosciamo in Gesù, che entra nella Città, la vera salvezza che lo sguardo dei bambini per primo identifica come portatore di pace. Entra seduto su un asinello, animale per il lavoro della terra; non a cavallo che dice guerra, battaglie, potere, conquista e sopraffazione. Quell'umile bestia diventa segno, aurora finalmente di un tempo nuovo, possibilità data all'uomo, non senza Gesù, il Cristo, il mandato da Dio perché il suo ingresso diventi l'"oggi" per l'uomo di una buona notizia data alla povera umanità, un anno di Grazia, un giubileo di giustizia nella verità.
La seconda parte del dramma l'abbiamo ora ascoltata e vista resa presente dalla narrazione dell'evangelista Matteo. Il percorso di Gesù è la via indicata per raggiungere la pace. Non la contrapposizione, l'inimicizia, la guerra, l'indifferenza del "non tocca a me" ma il farsi carico, addossarsi delle croci che la storia riserva per fare della morte il passaggio obbligato di nuova risurrezione. Non c'è altra strada. Non c'è altro modo per sciogliere i nodi del groviglio umano degli interessi di parte.
Ed eccolo a mensa, Gesù con i suoi a vivere la Pasqua della liberazione e per ogni liberazione pone se stesso come nutrimento, Spirito e forza. Non il campo delle battaglie, non le trincee delle lotte fratricide ma il condividere la storia, i beni della terra donati da Dio, la mensa fraterna sono la politica di Gesù, presente tra noi fino al suo ritorno.
Lo vediamo nel Getsemani caricarsi del dolore umano, di ogni abbandono e solitudine, di ogni tradimento per salvare il proprio "io". Ha preso su di sé perfino il silenzio di Dio di fronte all'efferatezza umana, quando dimentichiamo la strada. È arrestato, processato da quella religione che Egli ha predicato bisognosa di ritornare alla sua purezza. Dio è Padre di tutte le nostre differenze e non si può servirsi di Lui per nostre false identità. Condannato da un potere politico che demanda alla piazza sobillata il: "crocifiggilo", rinnegando la propria autorità come servizio alla verità sull'uomo più che come radicamento del proprio potere. Lo seguiamo verso il Golgota e non può non venirci in mente che, per essere dei suoi, anche noi dobbiamo farci carico delle croci perché non basta individuare i colpevoli. Siamo tutti responsabili della barca in cerca di una speranza perduta.
Il momento della sua morte è l'ora del buio, del terremoto, dice l'Evangelista. È l'ora nella quale per insipienza mettiamo a morte, a tacere, ai margini l'unica Via, Verità e Vita che ci è necessaria. Ma è anche l'ora della salvezza che il romano centurione riconosce e dunque tutti possiamo riconoscere. È l'ora dell'umanità liberata, dei morti che risorgono e dunque di un nuovo inizio che questa domenica proclama. È allora anche per noi che entriamo nella settimana Santa in cui riconoscere che anche "oggi" Dio, in Gesù Cristo, non ci ha abbandonati.

2/4/23

Letture: Is 50,4-7; Sal.21; Fil 2,6-11; Mt 26,14-27,66


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don Ezio Stermieri
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