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23/7/23 - XVI Domenica t.o. anno A


La Parola che abbiamo ascoltato sposta l'asse della nostra attenzione e del derivante impegno dal seminatore: il Padre, dal seme: il Figlio, il Verbo; dalla crescita: lo Spirito al seminato che siamo noi, la Chiesa, il campo di grano per l'Eucaristia sul mondo.
Attenzione dunque al Vangelo di Matteo che parla di quel campo in termini di Regno dei Cieli di cui la Chiesa è "sacramento", dice il Vaticano II (LG,1). La realtà che siamo noi è vista da Gesù nella sua ubicazione, nel mondo dove insieme con il buon seme cresce anche la zizzania e ne è evidenziato anche il perché: il sonno dei cristiani in antitesi con l'intimazione di Gesù di essere svegli, vigilanti, attenti. La tentazione che attraversa i millenni è di estirpare le erbe giudicate cattive, le eresie, le modalità contrapposte di essere Chiesa, ma Gesù avverte quanto succederebbe: raccogliendo la zizzania sradichereste anche il grano. Verrà e sarà l'approdo della storia quando non noi ma il Signore valuterà il bene e il male. La salvezza è offerta dalla Chiesa ma la salvezza, la verità è di Dio. Il nostro essere Chiesa nel mondo e per il mondo vive e deve sopravvivere nell'ambiguità. A questo punto Gesù parla, sempre in parabola, della identità della Chiesa, del campo di Dio dove il seme piccolo come un granello di senape è destinato a crescere per diventare albero dove l'umanità trova casa, il nido dice Gesù e dunque sicurezza, accoglienza, solidarietà, cura: insomma la vita. Luogo dove l'ombra è ristoro per l'uomo pellegrino di questa esistenza. Ancora. Gesù parla della sua Chiesa come di un lievito, gli enzimi di risurrezione che fanno lievitare tutta la pasta. Non tutto è lievito dunque ma guai a perdere la capacità di fermentazione, sarebbe annullare il perché di una presenza.
La nostra attenzione sulla missione e identità della Chiesa ci deve portare a concludere che, come dice la Sapienza di Israele (prima lettura), non noi ma Dio è il protagonista primo nell'operare la salvezza dell'umanità e la nostra forza di crescita è nell'alleanza con Lui. Con il suo modo di agire ha insegnato al suo popolo che il giusto deve amare gli uomini e ha dato ai suoi figli la buona speranza che è l'anima dell'essere e dell'agire.
Non le nostre strategie di conquista o i nostri scoraggiamenti che portano alla rassegnazione nell'essere oggi la Chiesa del Signore ma lo Spirito, ci ricorda San Paolo, viene in aiuto alla nostra debolezza.
Da soli non sappiamo neanche come pregare e che cosa sia conveniente per procedere. "Lo Spirito stesso intercede", si unisce ai nostri gemiti, alle nostre fatiche del ricominciare sempre da capo. L'essere e l'agire di ogni comunità deve avere in Cristo il suo inizio e il suo andare per avere in Lui il proprio compimento.

23/7/23

Letture: Sap 12,13.16-19; Sal.85; Rm 8,26-27; Mt 13,24-43


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don Ezio Stermieri
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