PARROCCHIA SS. ANNUNZIATA - VIA PO, 45 - 10124 TORINO - TEL. 011 817 14 23

orario messe - orario confessioni - orario ufficio

HOME

17/9/23 - XXIV Domenica t.o. anno A


La ruvidità della parabola di Gesù, in risposta a Pietro che pone la questione del comportamento verso chi è in situazione di debito (e non si tratta di solo denaro) nei nostri confronti per fare "giustizia", porta alla constatazione di quanto questo valore: giustizia, possa infettarsi di violenza, sopraffazione, perdita di umanità quando è in balia delle rivendicazioni del proprio egocentrismo. Quante ingiustizie in nome di una giustizia legale, elaborata da quanti (è perché non noi stessi?) più che alla forza della legge abbiamo fatto riferimento alla legge della forza, quando un proprio desiderio esige soddisfazione.
Il cristiano, per esperienza, si attiene ad un solo criterio di giustizia che Gesù elabora così: "Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno così come io (Dio) ho avuto pietà di te?". Non esiste giustizia senza "pietà", senza misericordia, vocabolo intenso perché racchiude il dovere di lasciare all'altro "futuro", non imprigionarlo in un presente che lo denuncia in perdita.
Così Dio, dice Gesù, non ci ha vincolati nella tragica libertà di fare e farci del male; il suo Regno, Gesù che ne è l'Annuncio e l'esordio, è quel dono gratuito, dono-per, perdono che diventa possibilità di saldare il debito, ma poi voltare pagina… Non è forse questa la verità più vera della nostra fede? In Gesù è saldato il debito, inchiodato alla sua Croce e non ci è sottratto il futuro, la vita eterna implicita alla chiamata alla vita.
Ascoltiamo, noi resistenti, talora al Vangelo, le parole del Saggio dell'Antico Testamento: "Rancore e ira sono cose orribili e il peccatore le porta dentro". Non riuscire nel perdono è porsi nella posizione di chi è in debito, ha sbagliato e due peccatori non fanno un uomo giusto. Accrescendo la ingiustizia.
Di qui il progetto di vita ricordato da Paolo: non vivere in funzione del proprio "io" che ha sempre ragione: non vivere per se stessi e lo stesso morire è lasciare la traccia di un voler bene possibile, la testimonianza che quanto abbiamo ricevuto nella Fede: Dio per noi, al di là di ogni nostro debito, è diventata la linea di orientamento della nostra quotidianità.

17/9/23

Letture: Sir 27,30-28,7; Sal.102; Rm 14,7-9; Mt 18,21-35


Torna alla pagina iniziale
Visualizza tutte le omelie


don Ezio Stermieri
Le omelie