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5/11/23 - XXXI Domenica t.o. anno A


In questa domenica, la Parola di Dio si fa denuncia di una tentazione umana, comune dunque e non per niente, annota Matteo, "Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli". La tentazione di trasformare il bene da cercare e costruire nella famiglia, nell'azione politica e nella stessa comunità cristiana, il servizio, il compito autorevole per l'esempio e la parola in autorità dispotica che non vive, non testimonia quanto impone. La forza della legge che garantisce a ciascuno libertà e responsabilità diventa legge della forza. La denuncia non si fa giudizio che misura la distanza ma occasione di ascolto, esame di coscienza, conversione dove si rende necessaria per non avvelenare il ruolo di ognuno per la crescita umana.
Partiamo da Malachia (prima lettura) che dà per ovvia la sua disamina: "Non abbiamo forse tutti un solo padre? Forse non ci ha creati un unico Dio? Perché dunque agire con perfidia l'uno contro l'altro, profanando l'alleanza dei nostri padri?".
E, Gesù nel Vangelo: "Chi tra voi è più grande (ha dunque maggiore responsabilità) sarà vostro servo; chi invece si esalterà, Dio lo umilierà e chi si umilierà Dio lo esalterà" (il passivo è teologico!).
Siamo così al rovesciamento dei criteri umani. La ricerca del consenso demagogico per l'affermazione del proprio potere e del proprio "io". Quell'"io" che perfino nell'amore sponsale non diventa mai "noi", sintesi di differenze chiamate a divenire sintesi educativa, ragione dell'aver messo su casa. L'"io" che predica la bellezza del camminare insieme ma non integra le diversità di età, cultura, provenienza, concreto vivere la fede.
Gesù parlando di umiltà concorda con il pensiero del profeta Malachia. Siamo tutti di "humus", terra friabile, da rassodare ognuno a suo modo e tempo per dare forma alla vita di un paese e si chiamerà democrazia, di una famiglia e si chiamerà "casa", di una comunità e si chiamerà "chiesa".
Abbiamo sentito come Paolo, scrivendo con autorevolezza ai primi cristiani, voglia attenersi a questa regola di vita e chiede che sia l'anima della comunità, dell'amore reciproco: "Fratelli, siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre che ha cura dei propri figli (chiama "cura" l'antidoto dell'autoritarismo). Così, affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il Vangelo di Dio (la bella notizia che non misura la nostra distanza dall'ideale, ma quanto Dio in Gesù si sia fatto vicino per essere la forza di un nuovo stile di vita), ma la stessa vita (non dunque un ruolo che segna la distanza, ma una vita che si fa comunione) perché ci siete diventati cari". Forse proprio di qui nasce e cresce la novità cristiana in ogni ambiente di vita: ci siete diventati cari.

5/11/23

Letture: Ml 1,14-2,2.8-10; Sal.130; 1 Ts 2,7-9.13; Mt 23,1-12


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don Ezio Stermieri
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