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19/11/23 - XXXIII Domenica t.o. anno A


L'evangelista Matteo ci sta conducendo per mano verso quel futuro che per lo più ci appare incerto, misterioso ed enigmatico e ci impone una opzione: verso la fine o il fine della nostra vita, della storia umana, del mondo con il Vangelo di Gesù, verità che dirada le nebbie delle nostre incognite. Il fine è l'incontro con il Risorto, risorti con Lui e questo attracco rimanda al presente che viviamo: con quali valori, priorità, fedeltà e coraggio. Gesù parla in parabola, genere letterario che apre al senso dell'intera esistenza. Dio chiamandoci alla vita consegna a ciascuno dei beni, delle capacità di intelligenza, sensibilità, praticità. Non a tutti in modo uguale, ma nessuno senza l'impronta della sua creatività, bontà e bellezza. La vita? È trafficare quei beni dilatando la mente, il cuore, il desiderio, la concretezza operativa per diventare capaci di Lui nell'estuario dalla vita nel tempo al per sempre con Lui: prendere parte alla gioia del padrone (noi, solo amministratori) della vita.
Gesù poi anticipa il risultato di quanto avverrà e ci avverte di non farci prendere paura di Lui, della vita, delle circostanze avverse e di fare di ogni occasione che la vita comporta una crescita. Assicura che quanti non avranno tradito riceveranno la vita abbondante, quanti si saranno arresi rimarranno con in mano il solo morire. Offre poi una scappatoia per le tentazioni di chiudersi nel proprio "io", per superare l'angoscia o il senso di fallimento: la banca, la chiama Gesù. La comunità cristiana, il mettersi insieme e farsi l'un l'altro coraggio, quell'amicizia che è tesoro, riserva per i momenti di stanca o di vuoto.
Proprio come Paolo ricorda ai primi cristiani: "Noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri". Paolo conosce le alternative fallimentari dell'esistenza: vivere lasciando vivere e sognare e riempirsi di cose, di cibo, di false sicurezze per riempire il vuoto dell'angoscia esistenziale.
Il libro dei Proverbi parla poi della "donna forte" che non è solo la moglie, madre ideale che tiene desta e attiva l'intera famiglia con il suo carisma femminile. È l'umanità tutta, la sposa nella quale lo sposo, Dio, si compiace e non dispera di potersi compiacere per la capacità di ripresa ad ogni tornante della storia. Noi cristiani ci vediamo la Chiesa, la comunità cristiana che non sonnecchia in un continuo ripetersi ma legge i segni dei tempi ed educa, forma, addestra, impegna, serve, rincuora come una madre perché nessuno abbattuto dalla paura possa dire di Dio che è duro che raccoglie dove non ha seminato e nasconda il tesoro ricevuto in una vita senza orizzonti, valori, mete perdendo l'appuntamento, oggi con il mondo, domani con il Signore.

19/11/23

Letture: Prv 31,10-13.19-20.30-31; Sal.127; 1 Ts 5,1-6; Mt 25,14-30


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don Ezio Stermieri
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