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21/7/24 - XVI Domenica t.o. anno B


La Parola di Dio ascoltata ora nel giorno del Signore parla di noi e dell'alleanza che il Signore aveva stabilito dapprima in Abramo e con Mosé per essere il segno di una benedizione per tutti i popoli e resa definitiva in Gesù Cristo perché la "convocata", il nuovo popolo di Dio radunato da tutti i popoli divenisse segno e strumento, sacramento, la Chiesa della nuova ed eterna alleanza tra Dio e l'umanità.
Ma questa parola, oltre che di noi, parla a noi! Ci invita ad una responsabilità di fronte al fatto che il "segno" di unità si è frantumato dall'interno proprio a causa di quanti sarebbero stati i garanti del modo secondo Dio di essere uomini. Così Geremia: "Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo. Oracolo del Signore". L'essere popolo di Dio non preservava e non garantisce dall'infiltrarsi di principi divisivi di potere, avere, presuntuosi narcisismi che falsificano e avvelenano l'identità della chiamata. La folla grande che ci testimonia Marco si accalca per vedere e ascoltare Gesù e la testimonianza viva di una umanità sofferente, calpestata nei valori più profondi dell'esistenza. Non per nulla annota Marco: "Ebbe compassione di loro perché erano come pecore senza pastore e si mise ad insegnare loro molte cose". Gesù dunque supera e porta a compimento di salvezza la frantumazione subita dall'umanità realizzando la speranza del primo popolo di Dio: "Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni, le farò tornare. Costituirò sopra di esse pastori che le faranno pascolare".
I primi della realizzata speranza, dice Marco, sono stati gli apostoli riuniti attorno a Gesù – nota essenziale! – per trovare in Lui il "riposo", non dunque il principio della divisione ma la pace del lavoro infaticabile e gratificante: fare del bene, farlo bene, a fin di bene e il bene unifica, non divide.
Chi siamo dunque noi Chiesa di oggi? Sentiamo Paolo testimone della prima comunità (Efeso!): "Fratelli, ora, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo". Non il nostro "sangue", la nostra vita avvelenata dai più vari egoismi porta il dono supremo origine di ogni bene: la pace ma il sangue, la vita di Cristo è il criterio di autenticità della Chiesa come principio attivo di unità. "Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito".

21/7/24

Letture: Ger 23,1-6; Sal.22; Ef 2,13-18; Mc 6,30-34


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don Ezio Stermieri
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