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28/8/16 - XXII Domenica t.o. anno C


"Avvenne". Avviene anche questo che, nel suo andare verso Gerusalemme, Gesù faccia sosta in una casa, di un fariseo, dice Luca, da uno di quelli che egli ritiene "ipocriti", cioè scissi, divisi tra una esteriorità irreprensibile e una interiorità che pensa, sente, giudica con la mentalità della presunzione di essere sempre dalla parte del giusto.
L'episodio è riletto da una comunità, la prima, che sa di stare a mensa con il Signore e da Lui deve imparare come comportarsi nel suo itinerario nella storia, per il mondo a cui è inviata. È riportato lo sguardo attento di Gesù. Gente che passa la vita ad arrampicarsi ai primi posti e che non ha cambiato il cuore a tavola con Lui. E dà il criterio per essere dei suoi, l'atteggiamento concreto per condividere con Lui la mensa eucaristica e la vita. Si tratta di scegliere il posto per meglio servire e questo in genere è da dove tutti fuggono: quello del servizio, del darsi da fare piuttosto che dove si è meglio serviti e con i bocconi migliori.
La stessa mensa, la casa stessa non dovrebbe essere tra quelli che hanno legami così stretti da escludere gli altri come estranei se non addirittura rivali. Una mensa, quella imbandita dal Signore, che è per quanti fanno fatica a tirare avanti, a camminare con dignità e autosufficienza, per coloro che non riescono a vedere eppure sentono il bisogno che qualcuno sazi la loro fame e sete fisica, interiore, morale, culturale. Allora, dice Gesù, sarete felici, beati, il vostro incontrarvi non vi lascia come vi ha riuniti ma pieni di gioia. Avete trovato il senso della vostra casa, della vostra mensa, del vostro essere Chiesa del Risorto.
Bisogna allora superare quel certo fariseo sazio di sé. Il saggio antico enumerava (prima lettura) le caratteristiche del credente: mitezza, generosità, umiltà, tutto un inoltrarsi in quella Parola che, dice il testo, è "parabola", unisce il quotidiano vivere con la tensione al suo più alto significato. Categorico il giudizio del Siracide: "Per la misera condizione del superbo non c'è rimedio". E ben presto non ci sarà neanche spazio. In altri spazi troverà modo nel mangiare di mostrare chi è e quali possibilità ha e avrà ridotto questo spazio ad un tempo perso, un rito che meriterebbe almeno un certo senso del "sacro", si dice, per essere considerato.
È la situazione di oggi, quando tutto è ridotto a "cosa" che deve prendere il gusto di chi la consuma, anche la Messa, anche la Chiesa. Il gusto invece noi lo prendiamo dal Signore. Dice bene la lettera agli Ebrei: "Non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile", di esorbitante che debba esaltare i vostri sensi, le vostre aspettative. "Voi vi siete accostati a Gesù mediatore della nuova alleanza". Per rivivere Lui e per vivere come Egli ci insegna a vivere, ad ordinare le priorità, ad essere come Lui, venuto a servire, metterci a disposizione. Noi ci lasciamo convocare nella sua e nostra Casa. Facciamo quello che Egli ha fatto: ha donato se stesso e, di settimana in settimana, nell'ordinarietà della vita mettiamo in pratica il suo insegnamento. "Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti".

28/8/16

Letture: Sir 3,19-21.30-31; Sal 67; Eb 12,18-19.22-24; Lc 14,1.7-14


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don Ezio Stermieri
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