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30/10/16 - XXXI Domenica t.o. anno C


Coro della Cappella Sistina all’Annunziata (Mons. M. Palombella)

Ci aiuta Agostino a vivere in pienezza questo giorno, questa ora di liturgia domenicale con il suo: canta e cammina, e riassumere così la quotidianità della vita con il momento in cui, sostando, la vita stessa diventa canto, diventa lode.
A dire il vero il vostro direttore, cari cantori, mi ha anticipato che sentendomi cantare avreste, con ragione, riso e così ho finalmente capito perché Papa Francesco, durante le azioni liturgiche, non canta mai. Ma, ridendo o piangendo, la vita è tutta una prova di canto se è vero quanto Paolo scrive ai primi cristiani di Roma, che dopo le prove ci sarà l'esecuzione quando, davanti al Signore, tutta la nostra vita diventerà un canto, un inno di lode e di adorazione. La nostra esistenza diventerà musica. Commenta Agostino: ameremo e canteremo. Vivere con voi, ora, questa azione di Grazie è un po' anticipare quella bellezza!
Il cammino, poi, parola che, alla scuola di Luca, riassume l'essere cristiano dietro a Gesù verso Gerusalemme, guardando a Zaccheo deve, in certi momenti, diventare corsa pur di vedere Gesù che passa. Una volta presa coscienza che la nostra statura è insufficiente per l'incontro, anche noi, pronti ad arrampicarci su per l'albero della vita, l'albero della fede per poter udire la sua parola: "Scendi perché devo fermarmi a casa tua". Espressione che riassume tutta la missione di Gesù ed insieme la novità sconvolgente per il resto della nostra vita.
Dice Luca che Zaccheo, alzatosi, risorto, rinasce a vita nuova e un passato torbido, una vita poco limpida si trasforma in occasione di un nuovo spendere ed investire i suoi giorni: "Do la metà di quello che possiedo, restituisco quattro volte tanto". Non è altro la verifica del se il nostro essere o dirsi cristiani parte dall'aver incontrato Cristo. È la vita stessa allora il canto nuovo, il canto dei risorti che narra le meraviglie fatte dal Signore: il canto nuovo di Zaccheo; il canto nostro che nella sosta domenicale raccoglie il vissuto in un unico squillo: "Oggi è venuta la salvezza"!
Quella salvezza sperata che già la sapienza del popolo dell'Antica Alleanza aveva atteso e pregustato: "Signore, hai compassione di tutti, perché tutto puoi; chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento…" in Gesù ha il suo compimento, diventa Vangelo, bella e buona notizia per ciascuno di noi. La vita cristiana non è altro che la conseguenza dell'avvenuto incontro e tutto diventa canto, lode di settimana in settimana, il Dio che ha deciso di mettersi a tavola con noi perché noi viviamo di Lui e per Lui. Lo scorrere dei giorni diventa, per dirla con Zaccheo, un farsi in quattro con il profondo desiderio che "Dio ci renda degni della sua chiamata, con la sua potenza porti a compimento ogni proposito di bene".
Viene poi a proposito il monito di San Paolo riguardo alla venuta del Signore, all'incontro con Lui per evitare di sostituire all'incontro con Lui l'idea che possiamo avere: "Vi preghiamo di non lasciarvi troppo presto confondere". Anche oggi serpeggia la tentazione sensazionalistica dell'"è qui o è là" e via da un posto all'altro alla ricerca di sensazioni. Il Signore si lascia incontrare da chi lo cerca non come esperienza estranea alla vita ma sull'albero che è la vita concreta, quotidiana. Si lascia incontrare da chi scende dalle proprie sicurezze fasulle; da chi non si è lasciato corrompere dal pensiero subliminale che induce all'adattamento ad una vita che non può cambiare.
Il canto domenicale che ci riunisce, e oggi con arte, è il canto dei non arresi, dei liberati, degli alzati, dei risorti, di quanti proprio per questo sono convocati e si riuniscono: per dirsi l'un l'altro: oggi la salvezza è entrata in questa casa.

30/10/16

Letture: Sap 11,22-12,2; Sal 144; 2 Ts 1,11-2,2; Lc 19,1-10


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