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11/12/16 - III Domenica di Avvento anno A


Gaudete - Celebrazione Penitenziale

Diciamocelo con franchezza. Quel che l'Avvento comporta come un deciso e decisivo andar verso un incontro, l'incontro con Cristo per vivere del suo Vangelo, ne sono prova i tanti tentativi, non è né semplice né facile. Da soli, se non ci viene incontro il suo aiuto che prendendo su di sé i nostri pesi (leggi, peccati), il nostro passato schiacciante, ci rassegniamo al buio, non vediamo più i germi del bene né abbiamo la pazienza di lasciarli crescere, finiamo nella resistenza e non troviamo il coraggio del ricominciare che per un cristiano è ricominciare da Cristo che rinasce anno per anno nella nostra vita e ci chiama a quel Regno dove il bene e non il male ha la meglio.
Per dirla con Isaia, le mani, la operosità si impigriscono e infiacchiscono, le ginocchia, il cammino nella fede incespicano e ci si arrende, il cuore si smarrisce e cadiamo in balia di sentimenti contrastanti… Allora non si vede più il perché di quanto la vita ci chiede, si sentono le più innumerevoli voci ma non si ascolta più, si diventa muti perché si ritiene inutile il parlare ed eccoci doloranti e zoppicanti.
San Giacomo riassume il tutto in un lamentarsi continuo come se la critica, il disgusto, la querela fossero le uniche libertà della vita. Gesù, nel Vangelo, riassume il tutto in un "vestirsi di lusso". Quel che conta non è l'essere ma l'apparire, il far credere, il potersi permettere. A questo punto non si distingue più un cristiano da uno qualsiasi, andiamo tutti vestiti allo stesso modo: di lusso.
Il gesto che noi poniamo in questa liturgia rivela invece una decisione: andare incontro a chi ci è venuto incontro. A Colui che ci guarda più ampiamente della nostra abulia, afasia, del nostro scontento di noi, degli altri, del mondo. È Colui che doveva venire, non ci sono altri da aspettare per riacquistare la capacità di vedere che si può, per decidersi a camminare con quanto comporta di pazienza, di eterno ricominciare, di lasciare che Cristo guarendoci ci riporti, noi lebbrosi sfigurati, alla nostra vera identità che solo guardando a Lui recuperiamo, quella di figli di Dio. Egli ci rimette la voglia dell'ascolto di quanto ci narra di Dio e di quanto di bello possiamo dirci a vicenda. A noi poveri di esistenza, deficitari di valori e di coraggio annuncia il Vangelo. Non lo ferma neppure la nostra morte, viene per attraversarla e ci unisce a sé in un destino di vita con Dio. Ci aiuta rendere questa terra quel Paradiso perduto verso il quale camminiamo con il passare degli anni.
Sentiamo Isaia: "Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa". Egli viene per essere la via. Ascoltiamo Giacomo: "Guardate l'agricoltore, egli aspetta con costanza…". Non c'è altra verità. Egli è l'agricoltore che aspetta "il prezioso frutto" della nostra vita realizzata. Risentiamo che cosa dice di noi Gesù stesso: "Il piccolo nel regno dei Cieli è più grande del grande Giovanni Battista". Egli in Gesù ha indicato la strada, unica per aver salva la vita ma noi con Lui, la sua Grazia, il suo Spirito ricordiamo la strada: dalla desistenza rassegnata al coraggio di vivere Gesù Cristo.

11/12/16

Letture: Is 35,1-6.8.10; Sal. 145; Gc 5,7-10; Mt 11,2-11


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don Ezio Stermieri
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