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19/2/17 - VII Domenica t.o. anno A


Con la pagina di Matteo, or ora ascoltata, noi giungiamo allo specifico del nostro essere cristiani segnato dalla parola di Gesù: "Avete inteso che fu detto… Ma io vi dico!". Noi, influenzati da una lettura sincretistica dei fenomeni religiosi che coglie gli elementi comuni per definire la religione, con risultati anche sconvolgenti, siamo portati all'essenza del Vangelo di Gesù che se non annulla quanto vissuto dalla tradizione credente del popolo dell'alleanza: essere santi della santità di Dio, e come Lui non covare ira e odio, non essere vendicativi, si risolve nell'"amerai il tuo prossimo come te stesso", con la stessa autorità di Dio rovescia quanto il sentire nazionale, etnico, culturale, religioso identificava come "prossimo". Gesù ristabilisce l'autenticità del rapportarsi di Dio. È Lui che in Gesù si fa prossimo di ognuno e così il cristiano. Come Dio non si è opposto alla malvagità dell'uomo così il credente cristiano trova in sé la forza di non rispondere ai tanti generi di schiaffi, rompendo la catena del male con il bene: se uno ti dà uno schiaffo, se vuole toglierti la tunica, se ti costringe a seguirlo… tu dimostra che non quella è la forza della vita, quella che non rispetta la persona, la disonora, o ne viola la libertà ma la cultura del dono, della solidarietà, della libera partecipazione.
Non più una religiosità che cementa la nazionalità, la cultura, la geografia del particolare ma una identità che si sente prossimo di ogni uomo, ha una novità da offrire ad ogni cultura, è alleata con ogni sentimento religioso perché ha imparato da Dio che è Padre di tutti ed è alla scuola di Gesù che fa dono della vita (lo ricordiamo ogni domenica!) "per voi e per tutti". Perdere questa essenza della nostra vita cristiana non ci distingue più da coloro che salutano se salutati e fanno del bene a chi si sa di essere corrisposti. "Se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Anche i pubblicani (quelli che dipendono dalla legge del mercato) fanno così!". Mai come di fronte a questa pagina comprendiamo che cristiani si diventa. La vita cristiana ha intrinseca una tensione a superare la legge dell'istinto egoistico, della morte tua che è la mia vita, di quel peccato che è tragica lontananza che genera il sospetto, la difesa, l'attacco. "Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste". Nessuno nasce perfetto ma la constatazione: io sono fatto così, abolisce il diventare uomini e l'essere cristiani.
Si tratta dunque di partire da una presa di coscienza così ben espressa da Paolo: "Santo è il tempio di Dio che siete voi". Persa questa consapevolezza ognuno di noi diventa ben presto partecipe della barbarie, della violenza che tante volte ci delude nella società e/o nella stessa famiglia. "Nessuno – continua Paolo – ponga il suo vanto negli uomini": in se stessi o nei modelli propinati. Di chi sa vendicarsi, farsi le proprie ragioni, annientare l'avversario. Questo modello di furbizia più che di intelligenza, del farsi largo più che fare spazio, stare al di sopra più che portare i pesi… è lontano dal Vangelo; non si desume da una generica definizione di religione ma da un rapporto quotidiano con il Vangelo e la sua legge posta del resto come desiderio e aspirazione di ogni uomo.

19/2/17

Letture: Lv 19,1-2.17-18; Sal.102; 1Cor 3,16-23; Mt 5,38-48


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don Ezio Stermieri
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