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26/3/17 - IV Domenica di Quaresima anno A


Laetare; Celebrazione Penitenziale

Viviamo ora, qui, all'interno del cammino quaresimale di conversione a Dio, l'incontro sacramentale dove il "segno" rimanda all'evento salvifico del perdono. Ne abbiamo bisogno perché la tentazione di allontanarsi da Dio nella presunzione di essere sufficienti a noi stessi registra che i pensieri, le parole, le azioni non sono coerenti con la parte migliore di noi ma con quella dell'utile, dell'interesse egoistico, dell'azione colpevolizzante, del disimpegno qualunquistico… Tutto quanto insomma chiamiamo peccato.
Abbiamo bisogno, e qui avviene, di incontrare quel Dio che, come abbiamo sentito nel libro di Samuele, non è come l'uomo che vede l'apparenza, vede il cuore. Solo davanti a lui, come Davide, possiamo comprendere come e per che cosa ci ha scelti e quanto ci siamo distanziati da quello che era il sogno di Dio su di noi e le sue attese nel contesto familiare e sociale in cui ci ha posti. Valutare il proprio peccato nell'incontro con Cristo non è mai per generare sensi di colpa, scoraggiamenti o giustificazioni deresponsabilizzanti. Dice Gesù che la cecità che impedisce di vedere il bene e perseguirlo non ha in prima istanza un dentro o fuori di noi. Non è per la ricerca di un colpevole ma è perché si manifestino le opere di Dio. Perché Dio manifesti il suo cuore e la libertà che ci ha dato non fosse per una tragica lontananza da Lui ma per una libera adesione a costruire quella bellezza e bontà che fin dall'inizio Egli ha posto in tutte le cose, in ogni dimensione della vita.
Rivivendo come se fosse nostro l'incontro del cieco nato con Gesù possiamo ricostruire la nostra avventura esistenziale. Non stiamo per vivere un rito, un gesto, una cosa. Il Vangelo ci parla di un essere ri-creati (quel fango sugli occhi!) che conduce ad una nuova vita: si lavò e tornò che ci vedeva. Un modo nuovo, quello di Cristo, di vedere, giudicare, valutare la vita in ogni sua manifestazione. Un modo nuovo di difendere la propria identità di fede e l'importanza dell'incontro con Cristo. Una nuova fede: "Credo, Signore!" che qualifica la vita nel suo insieme. Si è visto di chi fidarsi, in chi confidare, a chi affidarsi nel pericolo. La sua parola sperimenta come la verità più vera cancella quel vedere e non vedere, esserci e non esserci, appartenere ma anche no… Crea una distinzione dai tanti che sono sicuri di vederci e chiaramente ma non vanno oltre la lunghezza del proprio naso.
Una vita nuova senza paura. Paolo la riassume in quel "comportatevi perciò come figli della luce", come gente che vede e ci vede e individua la tridimensionalità della vita del cristiano singolo e del popolo cristiano: "Il frutto della luce consiste in ogni bontà, – che non coincide più con il miope soggettivo concetto di bene ma con un intero mondo da costruire – ogni giustizia che non è più distinta con nebbia dalla cataratta incipiente ma compito coraggioso anche se costa – e ogni verità. Oggi un glaucoma generalizzato impedisce di vederla e ognuno impone la propria. La verità vera invece ci viene incontro, si rivela, impone la ricerca e l'individuazione. Bontà, giustizia, verità. Non tre parole astratte ma tre linee concrete sulle quali con Cristo orientare il passaggio, la Pasqua di questo 2017.

26/3/17

Letture: 1 Sam 16,1.4.6-7.10-13; Sal. 22; Ef 5,8-14; Gv 9,1-41


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don Ezio Stermieri
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