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23/7/17 - XVI Domenica t.o. anno A


La missione di Gesù, che noi riconosciamo come il mandato, che il Figlio ha ricevuto dal Padre è la predicazione del Vangelo: la buona novella annunciata ai poveri. Il contenuto poi della sua predicazione è – ce lo attesta anche il Vangelo odierno – il Regno dei Cieli, una Signoria che vince sul potere del male, di ogni male che attenta alla dignità dell'uomo, del suo vivere e del suo morire, un regno che non è mondano con tutto ciò che gli sarebbe inerente, è dei Cieli, è di Dio.
Oggi Gesù che predica in parabole, prendendo dalla concretezza della vita per portarci “oltre”, a comprenderla e viverla nella sua novità, parla di un seminatore, Dio; di un seme, la Parola; di un nemico che semina zizzania, ed è esperienza quotidiana; dell'intenzione di qualcuno di strappare questo “errore”, immoralità, menzogna... e di un “no” da parte di Dio. Ci sarà un giudizio finale sulla storia e sull'uomo. Non è la stessa cosa vivere nella verità del bene o nella menzogna, ma ora, nel tempo della sua vita, il cristiano, i cristiani ci debbono convivere nella sicura fiducia che come il male si propaga e guadagna tempi e spazi, è caratteristica anche del bene guadagnare intelligenza, cuori e strategie in tutti i campi della vita.
Il cristiano, di Gesù, è piuttosto chiamato ad essere lievito che fermenta la pasta della convivenza umana, sale che guarisce, insaporisce, permette di progredire al vivere famigliare e sociale; luce che si diffonde, diventa arte educativa, catechesi, formazione in ogni comunità ad essere cristiani e cittadini liberi e responsabili. Il tanto lamentarsi, scandalizzarsi, certo perbenismo a buon mercato non fa progredire il Regno, insinua la tentazione del rinchiudersi in spazi sempre più angusti e asfittici. Dice Gesù che siamo chiamati ad essere, nella nostra piccolezza, quel granello di senape che cresciuto diventa albero accogliente e rassicurante. Questo il Regno che nel suo divenire nella storia si chiama Chiesa.
Il libro della Sapienza (prima lettura) ci insegna che il pensare la vita, il mondo, la società, il presente e il futuro, per non essere fallimentare deve avvenire davanti a Dio. La sua Parola deve e può diventare saggezza di vita. Se guardiamo al nostro “oggi” qualcuno, come già tra i primi cristiani, potrebbe arrendersi. Abbiamo sentito Paolo: “Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza”. Non sappiamo, anche noi, neppure come pregare visto che a Dio chiederemmo di seccare la tanta zizzania. Ma, continua Paolo, lo Spirito che è in noi sa quale sia il vero bene e intercede perché distinguendo tra peccato e peccatori diventiamo concreto esempio e forza per il dilatarsi del Regno dei Cieli.

23/7/17

Letture: Sap 12,13.16-19; Sal. 85; Rm 8,26-27; Mt 13,24-43


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don Ezio Stermieri
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