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27/8/17 - XXI Domenica t.o. anno A


Separando la fede dalla vita, in molti riducono il credere ad un atto della volontà; semplice per alcuni, impossibile per altri. Ed invece anche il credere, che per un cristiano è credere in Gesù Cristo, ha le sue insidie. Intanto perché, a ragion veduta, si tratta di fidarsi che il Regno, la Signoria di Dio che Egli annuncia è più forte di ogni altra signoria, tirannia, violenza, anche e perfino la signoria della morte, la presenza subdola del male, la legge incatenante dell'egoismo. Si tratta poi di credere che il “Regno” è una persona. È proprio Lui, Gesù Cristo. La sua presenza, la sua parola, allora come oggi fa arretrare il male. Oggi è tale la rassegnazione che Gesù finisce nella soffitta delle favole. E poi, non da ultimo, il credere in Gesù è credere vincente la strada missionaria che Egli ha fatto sua: la Croce. E il problema, lo sappiamo, di continuare a credere è proprio quando umanamente si potrebbe parlare di sconfitta, abituati alla logica del potere, al rimbombo delle armi che riempie la storia, al susseguirsi di dittature, tirannidi, sopraffazioni che riducono un cittadino a suddito... Non per nulla è Gesù stesso che a Cesarea di Filippo domanda: ma voi chi dite che io sia?
Le risposte che possiamo inventariare non sono sufficienti. Ognuno è implicato per se stesso perché la risposta che definisce chi è per me Gesù coincide con l'indirizzo che voglio dare alla mia esistenza. L'ammirazione per gli uomini “cifra” che hanno innalzato la mediocrità dell'uomo come un Elia, un Giovanni Battista ma anche tanti altri, e lo stesso Cristo non possono definirsi esemplari senza lasciare il concreto esempio, a sua volta, della nostra esistenza. La fede è cosa viva e come tutte le cose vive è intaccata dai virus della malattia: il demenziale tentativo di ridurre Dio e il suo rivelarsi su nostra misura non potendo la nostra ragione misurarlo. Lo spericolato proposito di posare la fede sull'instabile e fluttuante sentimento, riducendo il credere al sentire. L'ingenuo proposito di ridurre il credere all'azione, alla prassi dimenticando l'avvertimento di Gesù che i figli di questo mondo sono più astuti e si trovano dove mai avrebbe pensato di arrivare, con vergogna per tutti.
La fede coinvolge tutto il nostro essere corporeità, psicologia, intelligenza e parte da quello che Paolo ricorda: nessuno è stato consigliere di Dio o ha dato qualcosa per primo, “poiché da lui e per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose”. Non è contrario alla ragione che ci siano verità che stanno prima. Non è contro il sentimento che il presente non può costruirsi sulla sensazione. Dire a Gesù: “Tu sei il Cristo” è riconoscere che il nostro futuro è cammino verso di Lui.

27/8/17

Letture: Is 22,19-23; Sal.137; Rm 11,33-36; Mt 16,13-20


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don Ezio Stermieri
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