PARROCCHIA SS. ANNUNZIATA - VIA PO, 45 - 10124 TORINO - TEL. 011 817 14 23

orario messe - orario confessioni - orario ufficio

HOME

17/9/17 - XXIV Domenica t.o. anno A


Con le pagine odierne della Scrittura, del Vangelo, siamo condotti al cuore della predicazione di Gesù: il Regno dei Cieli: il Perdono. Un dono ricevuto, un dono accordato. Ricevuto perché, insegna Gesù, Dio, più che tener conto del debito che crea distanza, preferisce la misericordia che accorda futuro. Il debito dell'umanità accumulato nella storia che ha la sua radice nell'autosufficienza, nella lontananza, solo Dio può colmarlo. E il racconto evangelico è lì a dimostrarlo. Dono accordato se essere credenti è vivere la vita di Dio. Intanto i debiti reciproci sono perlopiù risanabili e il perdono ha la capacità di liberare il cuore, di non essere dipendenti dal male ricevuto che inevitabilmente rende schiavi di pensieri, azioni, sentimenti, perfino vendette che avvelenano la vita, ed è sempre sorgente di nuovo futuro. Il perdono diventa non la negazione del male, del torto ricevuto ma un affidare a Dio il fare giustizia ed essere sempre disponibili a dare futuro.
Tutto l'annuncio cristiano si risolve nel fatto che, in Cristo, Dio si è fatto perdono e il diventare cristiano non è altro che impegno della vita a legare, mettere insieme il buono che è ovunque e in ciascuno e sciogliere, drenare il male perché non attecchisca e dilaghi. Basterebbe guardarsi attorno nel grande e nel piccolo per accertarsi che la Verità di Dio è più grande delle nostre strategie di giustizie ingiuste.
Già il saggio dell'Antico Testamento, il Siracide, raccomandava questa strada della vita: "Rancore e ira sono cose orribili, e il peccatore le porta dentro". "Ricòrdati della fine, della morte e smetti di odiare". "Ricorda l'Alleanza dell'Altissimo e dimentica gli errori altrui". S. Paolo poi ci comunica parole decisive: "Nessuno di noi vive per se stesso". Il vivere per sé diventa un inferno, vivere facendo della vita un donarsi senza contropartita è la sola cosa che rimarrà di noi. E "nessuno muore per se stesso". La stessa morte diventa il lasciare una somma di valori che arricchiranno quanti non vorranno facilmente dimenticare la intrinsichezza di rapporti che inevitabilmente hanno alla radice il perdono.
"Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore". La grammatica della vita non è altro che constatare la bontà del Signore per imparare ad essere buoni. "Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi". Le altre "signorie" non reggono. Non il terrorismo, non l'avidità che lo alimenta, non l'usura che strozza il povero né la finanza che alimenta se stessa. Non le divisioni per pochi baiocchi che dividono le famiglie, né la colpevolizzazione degli altri per giustificare i propri egoismi. Non la "giustizia" che sacrifica il debole né il senso di colpa che rende Dio nemico.
Siamo chiamati ad essere portatori sani di un perdono che il mondo vuole rendere come cosa inutile.

17/9/17

Letture: Sir 27,30-28,7; Sal.102; Rm 14,7-9; Mt 18,21-35


Torna alla pagina iniziale
Visualizza tutte le omelie


don Ezio Stermieri
Le omelie