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24/9/17 - XXV Domenica t.o. anno A


Continua l'ascolto della predicazione di Gesù inerente il Regno dei Cieli che Egli annuncia e che per noi è bella e buona notizia, Vangelo. Dobbiamo però riconoscere che oggi non è facile cogliere lo spirito delle parole di Gesù. Noi, cristiani per tradizione, siamo legati ai tanti modi che si sono susseguiti nella storia per leggere, interpretare, valutare il Vangelo. Se fossimo cristiani per "conversione" sarebbe Cristo, la sua Parola, l'interpretazione e valutazione della vita. Sicché, figli della nostra epoca, comprendiamo il Vangelo con il criterio di oggi che pone come principio il "politicamente corretto" come omologazione al pensiero unico che dogmatizza che non c'è verità e passione per la verità, può esserci solo il racconto delle tante esperienze soggettive e di qui i tanti modi soggettivi di giudicare la fede, la religione, Cristo che si constatano concretamente in "fai-da-te", nella logica del mercato, in un cristianesimo "alla carta", in credenti non praticanti, praticanti non credenti, quanti credono di credere ma non sanno che cosa, e via parcellizzandosi.
Una sola qualità lega oggi i tanti modi di credere: vietato sporcarsi le mani; vietato mettere insieme la vita con la fede; vietato pensare che non noi siamo i protagonisti ma: "il Regno dei Cieli è simile ad un padrone di casa (i padroni dunque non siamo noi) che chiama a lavorare per il suo Regno", realtà che non è "altro" dal concreto vivere ma, con la propria libertà, immettere nella quotidianità lo Spirito del Vangelo. Importante, ci dice Gesù, questa visione, se no perfino il Regno diventa strumento per accaparrarsi gli interessi che contano.
Ed invece il padrone rimane Dio che chiama a tutte le ore e rimane Lui e Lui solo la ricompensa del concreto diventare cristiani. Altrimenti, neanche la fede preserva dall'avvelenamento del cuore. Non per nulla Isaia aveva messo in bocca a Dio: "I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le mie vie non sono le vostre vie". Prima o poi un cristianesimo che non chieda una conversione non regge. La tentazione di porre Dio sulla mia via e non io sulla sua, il suo pensiero nel mio pensiero e non la mia valutazione nella sua, diventa fatale.
Il percorso è fatale e porta dove oggi siamo arrivati: si può fare a meno di Dio, bastano le nostre ragioni, i nostri interessi, e, alla fine, i nostri egoismi. San Paolo, il disarcionato dalle sue sicurezze, incontrato Cristo, alla luce di quel fatto ha valutato tutto il resto e, abbiamo sentito, non vede l'ora di essere tutto nello Spirito di Cristo. Il tempo della vita? Spenderlo perché chi è stato chiamato alla fede faccia finalmente unità tra le esigenze della concretezza del vivere, le condizioni culturali per raggiungerla, lo spirito con cui agire. Quando ero ragazzo io, quelli che ci iniziavano alla vita cristiana sintetizzavano il tutto dicendoci che "servire Dio è regnare!".

24/9/17

Letture: Is 55,6-9; Sal.144; Fil 1,20-27; Mt 20,1-16


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don Ezio Stermieri
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