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2/11/17 - Commemorazione dei defunti


"La vita dell'uomo? 70 anni! 80 per i più robusti. Il più è fatica e affanno. Passiamo in fretta e noi ci dileguiamo". Se mi soffermo su queste parole del salmista non è per aggiungere tristezza alla perdita di persone care, quanto piuttosto perché in quel "dileguarsi", prendere congedo del salmista trovo nascosta la verità della Parola di Dio sul destino di trovarsi nell'esistenza nel tempo. Non è morire il nostro ma congedo. Quanto da giovani rimane lontano e di non immediato interesse: il morire, via via con l'esperienza della morte delle persone care si colora di speranza: in qualche modo ritrovarci, e diviene preghiera più avanti che quanto con la nostra ragione ci troviamo a misurarci con il concreto del vivere trovi risposta nelle ragioni del cuore che rifiuta l'inutilità del tutto e suggerisce che la fiamma di eterno che è in noi: amare!, amare gratuitamente, sia fin d'ora il "per sempre" di Dio-Amore su di noi.
La Parola ascoltata che è verità ci conferma che non è inganno l'essere qui a dire "Grazie" per il bene ricevuto da quanti facciamo memoria e il nostro amore farà con il loro un tutt'uno nella vita che sta oltre. Giobbe, l'uomo provato dalla vita che arriva a dubitare di tutto, non precipita nell'abisso del nulla: "Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo (definitivo!) si ergerà sulla polvere… Io vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno". E in Lui tutto il vissuto troverà la sua ragione. Tutto sarà "Grazie", canto, lode.
Paolo, ai primi cristiani, conferma: "La speranza non delude". Abbiamo in noi il principio della vita: l'amore riversato nei nostri cuori. Di più! Questo Amore, Dio, si è fatto carne. Ha preso su di sé la nostra distanza da Dio che trova il suo giustificarsi nel fatto che moriamo: "Cristo è morto per noi". Egli ci riconcilia con la vita. La sua Risurrezione fa della morte una porta di passaggio, della vita una continua ricerca, le prove stesse della vita la prova che siamo fatti per una felicità, una pace, che ci apre all'"oltre" della vita stessa. Ed è lo stesso Gesù a spiegarci il perché della sua venuta che poniamo a fondamento della nostra aspettativa: "Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla, nessuno di quanto egli mi ha dato".
Si tratta allora di non lasciarsi irretire da pensieri, dottrine che ci riducono ad un po' di minerali, casualmente divenuti quel che siamo, per invece meglio conculcare la dignità della vita, la sua sacralità, il suo orizzonte e il suo attracco. Non sta in queste dottrine pessimiste e perfino interessate l'essenza ultima della vita nella quale siamo stati chiamati. Per non cadere in questa tentazione dove tutto diventa opaco, inutile e la vita una rincorsa a tutto quanto giudichiamo pratico, e in realtà è solo materiale, bisognerà non dimenticare quanto abbiamo udito: "Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in Lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterà nell'ultimo giorno". Vedere, leggere la vita alla luce del Vangelo di Gesù; credere, fidarsi di Lui. Non dimenticare, in ultima analisi, che la vita è una consegna: consegnarsi all'Amore con tutto quel tanto di amore che ha formato la trama della vita.

2/11/17

Letture: Gb 19,1.23-27a; Sal 26; Rm 5,5-11; Gv 6,37-40


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don Ezio Stermieri
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