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25/12/17 - NATALE DEL SIGNORE


Messa del giorno

La liturgia del Giorno di Natale che stiamo vivendo è ben compendiata, in poche righe, dal Vangelo di Giovanni nel prologo riassuntivo di tutta la novità che l'incarnazione comporta: una nuova creazione che tutto in ciascuno di noi risana, rimette in cammino, riporta a vedere, perdona e risuscita; mette dunque nel cuore la festa e da più di 2000 anni pone nel divenire della storia la speranza. Dice dunque Giovanni che Colui che in questa notte abbiamo accolto "era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui".
Accogliere Lui è dunque ritornare a vedere chi siamo: non un po' di materia destinata a risolversi ma guardando a Lui: figli, non del caso ma di Dio con tutta la dignità che ne deriva. Il mondo nel quale siamo immersi non è pulviscolo di un universo in espansione ma terra dove è posto il principio dell'eternità, la cura e l'amore di un Dio che si fa pastore e guida della storia. Siamo oggetto della Signoria della vita e non un senso privo di senso errante nelle galassie. "Eppure – continua Giovanni – il mondo non lo ha riconosciuto". È la storia di cui siamo impastati: la libertà di dare valore, orientamento, attrazione verso di Lui si è e continua a rivestirsi di un dubbio scettico che dentro a spazi incalcolabili Dio si sia fatto spazio per cercarci, amarci, salvarci, abbia voluto partire da un puntino insignificante della nostra geografia: Betlemme e di un momento tra le migliaia del nostro travaglio: l'anno 753 dalla fondazione di Roma.
Lo sappiamo di ieri e di oggi: "Venne tra i suoi – che siamo noi – e i suoi non lo hanno accolto". Per Lui non c'è posto nel paese e morirà fuori della Città e il tentativo di emarginarlo, renderlo ininfluente, perseguitarlo in coloro che sono suoi è cronaca drammatica nel succedersi delle stagioni. "A quanti però lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio". La sua venuta apre orizzonti che non si chiuderanno più. La novità che Egli ravvisa nella coscienza di ogni uomo supera le divisioni tra amici e nemici: ci ha detto "fratelli". Ha posto il principio di soluzione di ogni schema politico, culturale, religioso: ripartire dal piccolo, dal povero, dal debole, dall'emarginato. Ha messo uno sguardo che supera l'appartenenza del sangue, della carne, dal volere egoistico dell'uomo: "Tutti da Dio siamo stati generati", con Lui camminiamo discepoli della sua Bella e Buona Notizia, Vangelo. Con Lui possiamo perfino attraversare la morte facendo della vita un dono; con Lui vivremo della sua beatitudine.
Questo giorno di luce che vince le nostre notti ci dà una certezza nuova che ha animato i cristiani fin dall'inizio: "Tutto sostiene con la sua Parola", come abbiamo ascoltato dalla lettera agli Ebrei, prima catechesi messa a fondamento, ragione, sostegno della vita.
Con Isaia, che da lontano ha contemplato il momento messianico, possiamo tornare alla vita con una constatazione che riempie di sicurezza e pace: "Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza". Su di Lui possiamo contare: "Regna il tuo Dio". Non dunque il male, la morte ed ogni mortificazione. Di Lui possiamo fidarci nel trasmettere nelle nostre case quanto è venuto ad insegnarci. Per Lui possiamo deciderci se dà il caso di cambiare strada. Egli viene in ogni ora e in ogni tempo. Ci riunisce e da Betlemme, casa del Pane, si è dato un nuovo cibo, alimento, energia: viene nella nostra carne per farsi Pane del Cielo che è in noi.

25/12/17

Letture: Is 9,1-3.5-6; Sal. 95; Tt 2,11-14; Lc 2,1-14


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don Ezio Stermieri
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