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21/1/18 - III Domenica t.o. anno B


Ci accompagna di domenica in domenica nel Tempo Ordinario, dello scorrere della vita, l'evangelista Marco. Il suo è un Vangelo apparentemente semplice nella struttura, per ricomincianti a fare di Gesù Cristo il Signore del vivere e del morire. Vangelo che da subito incalza sull'uscire da equivoci e inganni presumendo che qualcos'altro possa salvare la vita, dare senso ed orizzonte all'esistenza. La bella e buona notizia è che Gesù Cristo è il Figlio di Dio e dunque nulla può diventare l'assoluto, prendere il posto del solo che può essere riconosciuto come Salvatore (sull'esempio di Pietro e del centurione romano al termine della narrazione evangelica).
Per cominciare la vita da Cristo e dal suo Vangelo bisogna poi superare la tentazione di ridurre Cristo al nostro piccolo comprendonio, ai nostri piccoli bisogni, attese, speranze. Si tratta, come nella pagina or ora ascoltata, di sentirsi e sapersi chiamati. Uscire dall'angusto spazio delle nostre fragili sicurezze. Venire a sapere che il “tempo”, la vita, la storia hanno in Lui il loro compimento. Che attraverso la sua presenza Dio si è fatto vicino. Non siamo soli, in balia del caso, condizionati dalle tante negatività che incontriamo. Rispondere poi alla sua chiamata, porsi alla sua sequela, diventare discepoli, di Cristo, cristiani, esige una conversione, un'inversione di rotta, un cambiamento di mentalità che parte proprio da dove, inconsciamente o consciamente, ci sentiamo sconfitti, perduti, deboli, in una parola: mortali.
Credere al Vangelo non è trarre qualche norma etica che non regge alla prima tentazione, qualche nozione religiosa per certi momenti in cui si può provare anche con Dio. Egli diventa bella e buona notizia che con Lui siamo più forti di ogni prova e che il muro della morte, grazie a Lui, diventa porta. Il Vangelo che Egli porta non ci divide in specialisti del sacro, i preti, e laici in eterno tentennare tra i placebo della cultura e le favole della fede. “Venite dietro a me” e nei modi più diversificati ci fa “pescatori di uomini”, gente che trae, nelle più svariate situazioni della vita, dall'acqua inquinata e asfittica all'acqua battesimale che rigenera ogni piega dell'esistenza.
Ci sono, per seguirlo, cose che non servono e vanno lasciate, altre che devono essere rivitalizzate, la sua forza che fa del cristiano un testimone. La pagina di Giona, chiamato da Dio a dire alla Città di Sodoma che solo in Dio c'è il principio di salvezza del mondo, ci è di stimolo perché anche noi come Giona siamo bloccati dall'idea di essere in un mondo che non merita di essere salvato ed amato. Ci mettiamo al posto di Dio quando invece siamo chiamati a seguirlo sull'esempio del Figlio Gesù.
Con poche righe Paolo dice anche a noi come ai Corinzi che cosa concretamente cambia quando ricominciamo da Cristo. È la legge del “come se non”. Tutto diventa relativo, non come oggi si intende per cui nulla è più decisivo, ma tutto è posto in relazione a Cristo. Da Lui ogni cosa prende valore, per Lui si vive e si opera, con Lui trascorriamo giorno dopo giorno la nostra quotidianità. Con Lui l'ordinarietà della vita che passa, perché la figura di questo mondo prende il sapore di quel “per sempre” che è inscritto in noi ma che senza di Lui non riesce a prendere forma e nome.

21/1/18

Letture: Gio 3,1-5.10; Sal.24; 1 Cor 7,29-31; Mc 1,14-20


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don Ezio Stermieri
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