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4/3/18 - III Domenica di Quaresima anno B


È lo stesso Vangelo or ora ascoltato a farci prendere coscienza che il cammino quaresimale ha una meta: “Si avvicinava la Pasqua e Gesù salì a Gerusalemme”. Il nostro seguirlo ci conduce a meglio comprendere in che cosa consiste quella conversione che è richiamo quotidiano che verifica non solo il modo di pensare, di agire, di compromettere se stessi e non solo delle strutture per essere lievito e sale di un umanesimo nuovo. Si tratta di mettere a fuoco il nostro rapporto religioso con Dio. Gesù, ci dice Giovanni, ha trovato il tempio, lo spazio in cui Dio si comunica alleato, Padre, misericordia, perdono... cambiato in un mercato. Ora la legge del mercato, così invasiva anche oggi in ogni forma di rapporto per cui il rapporto stesso è valido se c'è interesse, profitto, guadagno, risultato, non vale con Dio. Dio ama gratuitamente, per esubero. Non pone il suo relazionarsi guardando a come noi ci poniamo di fronte a Lui, ma, fedele a se stesso, ama perché è amore. Ci ha amati, salvati, redenti, resi liberi quando, dice S. Paolo, non eravamo amabili; e da Lui noi impariamo la legge della vita, non dalla legge del mercato. Gesù arriva a dire che quel tempio potrà perfino essere distrutto e lo sarà; ma non il vero tempio, il luogo dove comprendere e seguire la legge di Dio che è la sua Persona. Convertirsi è riconciliarsi con Cristo. La sua Parola, il Vangelo, la sua azione che risana, guarisce, il suo fare della vita un dono, la sua morte e il suo risorgere, la sua Pasqua diventa la nostra legge di vita.
Anche nell'antica alleanza Dio, comunicando se stesso, aveva dato le 10 parole che diventano la costituzione di un popolo liberato perché resti libero. Parole che non possono perdere la loro incandescenza diventando tradizioni di cui si perde il senso e lasciano riaffiorare la legge egocentrica del mercato. Dio non può essere scambiato con falsi assoluti e idoli di consumo. Il tempo è suo e nel nostro viverlo dobbiamo trovare spazio per Lui che diventa subito riposo, prendere forza perché la fatica del lavoro non ci riduca a bestie, a numeri, a plus valore economico. Amare la vita che Egli ci ha donato è amare e onorare chi Egli ha scelto per trasmetterci la grandezza di essere uomini e la bellezza di essere figli e fratelli. È Lui che ci mette in guardia dal ridurre il desiderio di Lui in quel desiderio materiale, fonte di invidia, gelosia, fino al rubare, mentire, tradire pur di appagare la fame e sete di felicità. Egli mette nel cuore convertito a Lui la gioia che nessuno può rubare e trasforma la terra nel giardino perduto quando abbiamo avuto la presunzione di essere autosufficienti a noi stessi e del giardino ne abbiamo fatto un mercato ad usura.
Il cristiano convertito a Dio comunicatosi pienamente in Cristo, ci ricorda S. Paolo, arriva alla conclusione che “ciò che è stoltezza per Dio – ponendo la gratuità e l'empatia come legge che, presa da sé, comunica a noi – è più sapiente degli uomini (ed è evidente quali leggi abbiano imposto gli uomini a prescindere da Dio) e ciò che è debolezza di Dio – così evidente in Cristo che prende su di sé il nostro peccato, le nostre bugiarde salvezze, la stessa morte – è più forte degli uomini”.
Il tempio che ci riunisce, Cristo stesso dunque che ci raccoglie, metta nel cuore di ognuno e dell'intera nostra comunità il desiderio, la decisione di salire con Lui a Gerusalemme. La Pasqua si avvicina. Egli è la nostra Pasqua.

4/3/18

Letture: Es 20,1-17; Sal.18; 1 Cor 1,22-25; Gv 2,13-25


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don Ezio Stermieri
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