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25/3/18 - Domenica delle PALME anno B


Sono almeno tre i segni che caratterizzano questa domenica che diciamo delle Palme. Ci siamo messi in cammino per rivivere con Gesù il suo ingresso in Gerusalemme e dunque anche nella nostra Città per acclamarlo Messia, il Mandato dal Padre, l'atteso per un Regno di pace, il Signore che non è venuto per essere servito ma per servire e dare la vita. Egli non entra a cavallo, cavalcatura di guerra, ma su un asinello, animale per l'agricoltura, la raccolta del grano per il pane quotidiano, la mensa, la famiglia e l'uva per il vino che rallegra e rafforza. I bambini lo acclamano e invitano noi adulti alla speranza e all'operosità garante del futuro e così primizia dei Cieli nuovi e Terra nuova di cui questo mondo può diventare l'aurora.
Abbiamo ora ascoltato la Passione e Morte di Gesù nel racconto di Marco. Per noi chiamati a ricominciare la vita da Cristo segna gli ultimi passi di una sequela (chi li ha contati ne ha evidenziati quindici!) che ci portano ai piedi della Croce per riconoscere con il centurione romano: “Davvero quest'uomo è il Figlio di Dio”. In questa professione di fede noi riconosciamo il punto più intenso dell'Amore di Dio per l'uomo, fino a condividere con la sua Passione e Morte la sofferenza e la morte del nostro essere di carne, debole e precario, ogni solitudine, tradimento, condanna ingiusta, patimento fisico e morale, ogni croce e impossibilità di movimento, ogni bestemmia contro Dio, la vita, la morte, ogni pianto linguaggio della disfatta. È la situazione oggi dilagante. Incapsulati in un costretto individualismo avvertiamo la incapacità di unire forze e coraggio, solidarietà e reciprocità. Mai come oggi al di dentro di un progresso mai raggiunto siamo attanagliati dalla solitudine di fronte al lavoro diventato mercato, alla malattia che si fa protocollo, alla giovinezza rispedita nella minorilità, alla propaganda che impone la frammentazione del pensiero, dell'azione, dei sentimenti. Abbiamo bisogno di avvertire che solo Dio Crocifisso per noi può darci la forza, l'energia, l'entusiasmo del risorgere. Solo lui, il suo Vangelo insegna anche oggi che se non viviamo ognuno per sé ma ognuno per tutti ritroviamo i passi di un progresso che tiene per mano la civiltà, l'umanesimo, Solo con Lui la nostra mortale esistenza si apre all'orizzonte del perché della sua venuta: la vita eterna nel riposo di Dio. Solo in Lui tutto della vita ha il suo compimento.
Portiamo poi nelle nostre case il ramo d'ulivo che fin dall'inizio della storia dell'uomo, di fronte al suo sprofondare e annegare ai tempi di Noè e in ogni tempo in cui l'umanità sembra non aver futuro per le minacce e le realtà tristissime di guerra con ciò che produce di paura, diffidenza, chiusura nei propri confini... simboleggia la pace.
Sì. Portiamolo nelle nostre case con uno sguardo nuovo, empatico della realtà in cui viviamo la nostra quotidianità. Diventiamo noi stessi ulivo che produce l'olio buono che condisce i rapporti umani di lavoro, studio, relazione. Diventiamo gente che amalgama nelle tante asprezze della vita, nell'aceto che inasprisce i cuori. Eleviamolo come segno della nostra comunità che in questa domenica, in processione, si scopre popolo che nella preghiera ritrova il respiro della vita e la partecipazione alle tante sofferenze che lambiscono la fede chiamata a farsi carità. Finiamola di pensare marginale Cristo e il suo Vangelo, la sua morte e risurrezione e riponiamolo contenuto, metodo, fine del nostro esserci per trasmettere alle nuove generazioni la bellezza di essere cristiani.

25/3/18

Letture: Is 50,4-7; Sal.21; Fil 2,6-11; Mc 14,1-15,47


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don Ezio Stermieri
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